Di Bashir al-Baker. Al-Araby al-Jadeed (16/04/2016). Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone.
Solo un breve passo separa Iraq, Siria, Yemen e Libia dal baratro: sembra di assistere, in questi quattro paesi, ai brevi attimi prima della caduta in una spirale di devastazione totale, da cui è impossibile tornare indietro se non prendendo posizione, e cogliendo l’ultima opportunità che si profila all’orizzonte.
L’Iraq ha vissuto tredici anni di fallimenti, che risalgono al giorno dell’occupazione americana del paese. Il fallimento ha investito l’ambito politico, economico e gli apparati di sicurezza, e, oggi, il risultato evidente è l’immagine di un paese malato e diviso in fazioni, al punto da non riuscire a formare un governo che soddisfi tutti, a causa dell’egoismo dei singoli leader, incapaci di superare la barriera della lotta settaria e di trovare un punto di incontro con le altre fazioni.
Per quanto riguarda la Siria, invece, la situazione è ancora più tragica. Se gli iracheni, nonostante le vessazioni e le calamità subite, non hanno smesso di coltivare una sorta di dialogo, i siriani sono stati vittime del regime di Bashar al-Assad, che ha causato loro una catastrofe senza precedenti nella storia dell’uomo. Attualmente, si profila un’opportunità per fermare la lotta e permettere il ritorno degli sfollati, ma Assad continua a non rendersi conto della portata della tragedia subita dalla Siria per mano sua. I negoziati di Ginevra, di cui vi è stata una nuova sessione oggi, potrebbero prospettare un nuovo inizio del percorso siriano per uscire dal tunnel, ma a una condizione, ossia l’estradizione di Assad dalla vita politica.
Per quanto riguarda Libia e Yemen, il problema sembra meno complicato, per ora. In Yemen, dopo l’alleanza tra Abd Allah Saleh e il movimento degli Houthi, comincia a farsi strada un’opportunità di pace con i negoziati che si terranno il prossimo 18 aprile, in Kuwait. Di recente sono state avanzate due iniziative miranti al raggiungimento di una soluzione, ossia una tregua e un accordo delle fazioni regionali e internazionali sulla necessità di fermare la guerra e di tornare al dialogo. Questo non implica la definitiva cessazione delle divisioni interne, poiché le questioni sul tavolo dei negoziati non possono essere risolte in tempi brevi: c’è bisogno, infatti, del consenso da parte di tutti, a livello locale, regionale e internazionale. L’importante, però, è esprimere la sincera volontà di cercare una soluzione, e un’apertura tale che permetta di raggiungerla senza ricorrere alle armi. La questione yemenita non è semplice, ma il colpo inferto all’Iran ha reso meno oneroso il raggiungimento di un accordo, e ciò spiega anche l’intransigenza di Teheran in Siria e Iraq.
In Libia, il meccanismo per arrivare ad una soluzione si è messo in moto in gran fretta nelle ultime settimane, e lo testimonia lo spostamento del Governo di Unità Nazionale verso la capitale Tripoli, dopo svariati accordi arabi e internazionali. Tra gli ostacoli che si presentano davanti al nuovo governo c’è la questione del voto di fiducia del parlamento di Tobruk, programmato in questi giorni, a meno che Khalifa Haftar non rovesci il tavolo dei negoziati. Il generale non sembra, tuttavia, possedere i mezzi per spingere il suo ostruzionismo troppo in là, e finirà per bruciare le sue carte, se ci sarà una seria volontà regionale e internazionale di liberare la Libia dal caos.
Nonostante questa mappa frammentata, c’è speranza, per questi quattro Paesi, di interrompere la loro marcia verso l’autodistruzione, se si comincia a considerare il dialogo come unico mezzo per costruire un futuro democratico che soddisfi tutte le fazioni in lotta. In caso contrario, sarà la fine di questi paesi e l’emergere di Daesh (ISIS) come Stato vero e proprio, senza alcuna concorrenza.
Bashir al-Baker è un poeta e giornalista siriano.
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