Molti di voi sapranno quanto la poesia araba sia spesso poesia impegnata, usata come bandiera nelle lotte sociali e politiche. L’esempio più lampante è sicuramente la poesia palestinese, di cui vi ho già parlato in molte occasioni. La maggioranza della produzione poetica di quel paese, a partire dal 1948, ma anche prima, è stata usata come mezzo nella lotta palestinese. Anche durante le varie guerre d’indipendenza gli intellettuali arabi hanno spesso sostenuto il loro popolo con i loro versi.
Un esempio più recente è l’opera del tunisino Mohamed Sghaier Ouled Ahmed. Nato a Sidi Bouzid nel 1955, è scomparso lo scorso aprile. Tutti i suoi versi sono dedicati alla Tunisia, il suo grande amore. Ha iniziato a comporre versi all’età di 25 anni e in molte occasioni le sue opere sono state censurate, per l’attacco diretto al regime, prima di Bourghiba e poi di Ben Ali.
Io ho avuto l’onore di poterlo vedere dal vivo, a Genova al Palazzo Ducale nel 2012. Ero andata a vedere questo bellissimo incontro con una mia compagna di università e mi ricordo come siamo rimaste entrambe affascinate dalla potenza dei suo versi, dalla loro semplicità lapidaria e diretta. Pensate che eravamo così determinate ad andare a questo incontro che abbiamo affrontato lo sciopero dei mezzi e dei taxi. Ne era valsa la pena e alla fine ci siamo incamminate a piedi, su per le scalinate genovesi ancora esaltate da tanta bellezza.
In quell’occasione si era parlato soprattutto della rivoluzione tunisina e delle recenti elezioni che avevano visto la salita al potere del partito Ennahdah, di matrice religiosa, di cui Mohamed Sghaier Ouled Ahmed non era esattamente entusiasta. Intellettuale dichiaratamente di sinistra, era comunque convinto che ogni rivoluzione che si rispetti avesse bisogno di molti anni di assestamento per portare a una democrazia reale.
Il poeta è nato in una zona della Tunisia molto povera e questo ha fatto si che si impegnasse sin dalla giovane età nella lotta per la giustizia sociale, per l’uguaglianza e le pari opportunità.
I suoi studi sono stati in un primo momento classici, frequentando una scuola coranica, ma poi ha proseguito in scuole pubbliche di matrice laica. Infine si è recato in Francia per studiare psicologia all’università.
Nel 1985 la sua prima raccolta di poesie viene censurata e poco dopo il poeta viene incarcerato, anche se per un breve periodo, per aver partecipato alla rivolta del pane. Venne incarcerato anche in seguito, accusato di ubriachezza manifesta. Questa seconda permanenza in prigione ebbe forti ripercussioni sulla vita del poeta che venne licenziato e rimase disoccupato per parecchi anni. Nel 1993 arriva la svolta: inizia a lavorare per il ministero della Cultura e realizza quello che era sempre stato un suo grande sogno: aprire la Casa della Poesia, che ha diretto per molti anni. Proprio per questo suo impegno culturale il governo di Ben Ali voleva conferirgli un riconoscimento che il poeta ha rifiutato.
In Italia è stata pubblicata solo una sua opera intitolata “Diario della rivoluzione”, tradotto da Patrizia Zanelli e pubblicato da Lushir. Testimonia quello che per il poeta è stata la cosiddetta rivoluzione dei Gelsomini, scoppiata alla fine del 2010, in seguito all’immolazione di Mohammed Bouazizi. Proprio a lui, suo compaesano, il poeta tunisino dedica una poesia commovente, che immagina i pensieri di Bouazizi prima e dopo quell’atto disperato.
Non è un caso che spesso venga descritto come la guida poetica della rivoluzione tunisina. In ogni sua poesia si legge, infatti l’amore per la sua patria, sempre presente, e il suo popolo, i suoi fratelli uniti nella lotta contro l’ingiustizia.
Buona Lettura!
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