Articolo di Silvia Di Cesare
La moda va dove i soldi girano. Questo potrebbe essere il sottotitolo per il nuovo capitolo della moda contemporanea, l’Islamic Fashion.
Collezioni di Abaya, Galabiyya, Hijab firmate dai più grandi stilisti mondiali sono ormai all’ordine del giorno nel mondo della moda. Abiti attenti alle necessità di una parte della popolazione musulmana mondiale, che vuole vestirsi alla moda senza andar contro alle proprie convinzioni religiose.
I primi a rispondere sono propri gli stilisti Made in Italy, marchio di fabbrica che da sempre seduce le donne mediorientali. E così, dopo Valentino, anche gli stilisti Dolce & Gabbana si cimentano in una nuova collezione appositamente pensata per le donne di religione islamica.
Ma da cosa deriva questa nuova attenzione per gli abiti modesti, che coprono ma valorizzano il corpo della donna, seguendo i precetti della religione islamica?
L’Islamic Fashion rappresenta un mercato potenziale di circa 300 miliardi di dollari che dovrebbe crescere fino a circa 500 miliardi nel 2019, secondo quanto dichiarato da Carlo Capasa, nuovo presidente della Camera della Moda Italiana in una sua intervista al La Stampa. Il settore però è ancora caratterizzato da una scarsa offerta da parte delle case stilistiche internazionali. Colmare questo vuoto significherebbe intercettare una fetta di mercato di consumatori che si estende dall’Arabia Saudita, agli Emirati Arabi Uniti, all’Iran, per poi passare per i musulmani europei e americani.
Vestire halal, ma con eleganza. Questa la sfida che le donne musulmane lanciano agli stilisti italiani. In palio 500 miliardi di dollari.