Sicuramente ci sono opinioni contrastanti in merito, ma una cosa è certa: lo stereotipo dell’hijab come indumento blando e restrittivo fa ormai sorridere.
Secondo le stime, dai 224 miliardi di dollari del 2012, i consumatori nel settore della moda e più in generale dell’abbigliamento in “stile islam” raggiungeranno ben 322 miliardi di dollari nel 2018.
Il vestiario quindi è oggi per i fedeli dell’islam non più, o perlomeno non più soltanto, un simbolo di modestia e semplicità.
I paesi top di consumatori di abbigliamento musulmano sono la Turchia con 25, l’Iran con 21, l’Indonesia con 17, l’Egitto con 16, l’Arabia Saudita con 15 e il Pakistan con 14 miliardi di dollari, secondo i dati.
Secondo albawaba.com, le opportunità chiave sulle quali porre l’attenzione per investimenti sono:
– Finanza islamica e piccole/medie imprese di moda halal: questo settore dovrebbe essere considerato di fondamentale importanza dato il grande volume di attività per investitori e aziende di abbigliamento;
– Sviluppo del brand concept halal a livello globale;
– Paesi OCI (Organizzazione della Cooperazione Islamica) esportatori / produttori: la produzione di abbigliamento è una delle maggiori industrie dei paesi OCI;
– Mercato della moda islamica in occidente: i musulmani d’Europa e Stati Uniti spendono più di 20 miliardi di dollari all’anno in abbigliamento.
Dalle più moderate alle #mipsterz, le musulmane hipster che hanno spopolato negli Stati Uniti (video), la fusione tra moda e fede è un dato di fatto che si presenta come un’enorme industria in espansione, dalla passerella allo shop online.