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Meglio un “leone” morto che uno ferito

Di Abdul Rahman Al-Rashed. Al-Sharq Al-Awsat (16/08/2012). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi

Nessuno può prevedere esattamente quanto a lungo sopravvivrà il regime del “leone” Assad ma due cose sono certe: la prima è che il crollo è inevitabile ed è solo una questione di tempo; la seconda è che Assad e i suoi alleati sono in grado di fare del male al popolo siriano e all’intera regione durante questo periodo.

I recenti sviluppi in Siria, come il declino dei ribelli, per non parlare dell’estensione del conflitto al Libano, indicano che è necessario fornire armi ai rivoluzionari. Da mesi sono in atto bombardamenti aerei contro i civili, cosa che accade raramente nel corso di guerre civili, e la comunità internazionale dovrebbe prenderne atto. In cambio, i ribelli sono riusciti ad abbattere un solo aereo perché non possiedono armi sufficientemente sofisticate. Stiamo assistendo ad una battaglia del tutto impari, in cui un regime “ferito” e destinato a cadere è ancora in grado di massacrare il popolo siriano.

Siamo tutti consapevoli che ci sono molte considerazioni dietro al fatto di privare i ribelli di armi. Il motivo più importante è l’evidente confusione del campo rivoluzionario siriano, con una molteplicità di orientamenti politici e identità. Inoltre, Israele teme che queste armi vengano usate contro le proprie forze mentre la Turchia che finiscano nelle mani del PKK. Ovviamente, gran parte di questo timore è dovuto alla presenza di gruppi estremisti ma è proprio questa la strategia di Siria, Iran e perfino Russia: minacciare la regione che questi gruppi prenderanno il posto di Assad.

In realtà, si tratta di una scusa a dir poco ridicola poiché ci sono soluzioni tecniche ed efficaci per garantire il rifornimento di armi pesanti all’opposizione con rischi minimi. Rafforzare i ribelli è l’unica strada per neutralizzare il regime. Se ne avessero avuto la possibilità, l’equazione in campo sarebbe cambiata già un mese fa, in seguito al bombardamento del quartier generale della sicurezza nazionale a Damasco e alla conquista di numerosi quartieri della città. Invece i ribelli hanno dovuto fermarsi davanti ai carri armati del regime e questo perché avevano solo armi leggere.