Di Nadia Lamlili. Jeune Afrique (31/10/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
Mouhcine Fikri, pescivendolo sui trent’anni, è stato fermato da alcuni agenti della polizia nella città di El Hoceima, nel nord del Marocco, nella serata del 28 ottobre. La pesca del tip di pesce che vendeva – forse dello spada – non è permessa in questo periodo dell’anno ed quindi non è adatta alla consumazione. Gli agenti hanno preso la merce e l’hanno gettata in un compattatore di rifiuti. Cercando di opporsi, Fikri si è gettato nella macchina e si è fatto uccidere così.
La scena viene ripresa e molto presto fa il giro di tutte le reti social, che si accendono. Migliaia di marocchini scendonoin strada a Al-Hoceima, ma anche a Rabat, Casablanca e in altre città del paese per chiedere “giustizia per il martire”. L’organizzazione Giustizia e Beneficienza (Al Adl Wal Ihssane, proibita ma tollerata), la più grande formazione islamista del paese, si è unita ai manifestanti facendo appello alla lotta contro “il potere dispotico calpesta i diritti umani basilari dei cittadini”. Mentre il Partito Giustizia e Sviluppo (PJD), nel pieno delle trattative per il nuovo governo, ha invitato i suoi membri a boicottare le manifestazioni.
In rete, due hashtag (#طحن_مو, “Distruggilo” e كلنا_محسن_فكري, “Siamo tutti Mouhcine Fikri) invadono i social. Molti utenti chiedono chiarimenti sulle circostanze della morte del venditore, per sapere se si è trattato di un suicidio o se gli agenti hanno ordinato la messa in azione del compattatore vendendo Fikri gettarvisi, tesi questa che il ministero dell’Interno ha ufficialmente smentito, assicurando che gli agenti non sono hanno alcuna responsabilità per la tragica morte.
Da parte sua, il re del Marocco ha incaricato lo stesso ministro dell’Interno, Mohamed Hassad, e il suo ministro delegato, Charqi Draiss, di aprire un’inchiesta “affinché si proceda con delle ricerche per trovare il responsabile di questo incidente, attraverso una rigorosa applicazione della legge verso tutti, per servire d’esempio a tutti coloro che hanno mancato i loro doveri e responsabilità”.
A partire dal 2011, il Marocco ha visto diversi casi di suicidi causati da “ingiustizie sociali” che hanno suscitato l’indignazione popolare. Ogni volta, le autorità hanno promesso l’apertura di un’indagine, ma senza comunicarne i risultati.
Nadia Lamlili è responsabile della sezione Maghreb e Medio Oriente per Jeune Afrique, con focus sul Marocco.
I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu
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