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Marocco: polverone linguistico in parlamento

Hespress (30/4/2012). Durante una seduta di interrogazioni parlamentari, l”intervento di Fatima Chahou, cantante berbera conosciuta con il nome d’arte Raissa Tabaamrant e deputata del Gruppo nazionale degli indipendenti (all’opposizione), ha sollevato un lungo e acceso dibattito. La Chahou infatti ha chiesto al ministro dell’istruzione Mohamed el-Ouafa di promuovere l’insegnamento del berbero, già riconosciuto come lingua ufficiale in Marocco accanto all’arabo. A sollevare il polverone è stato il fatto che Fatima Chahou ha rivolto questa domanda in tachelhit (varietà berbera di Souss).

La costituzione votata e approvata a luglio 2011 riconosce il berbero come “lingua ufficiale dello stato, in quanto patrimonio comune a tutti i marocchini senza eccezione”  (art.5). Di conseguenza i deputati possono intervenire nei dibattiti parlamentari in berbero, ma per garantire una comunicazione efficace nelle aule del parlamento (come in tutte le altre istituzioni pubbliche) dovrebbero essere presenti traduttori simultanei. Il ministro dell’educazione marocchino infatti ha potuto rispondere alla Chahou solo perché aveva già ricevuto il testo del suo intervento in arabo. Tuttavia, prima che al-Ouafa potesse prendere la parola, è esploso un acceso dibattito sull’opportunità di intervenire in berbero in parlamento. Tra i favorevoli Khadidja Rouissi, del partito di opposizione Autenticità e modernità, che ha definito l’intervento della Chahou una vittoria per il berbero e per la costituzione. Sulla stessa linea Hassan Tareq dell’unione socialista delle forze popolari, ha parlato di momento storico, aggiungendo che il diritto a esprimersi in berbero in circostanze ufficiali non può più essere rinviato.

Di senso opposto i commenti dei partiti di governo, soprattutto Istiqlal e Giustizia e sviluppo. Secondo il ministro delle relazioni con il parlamento e la società civile Habib Choubani, si stanno mettendo a punto gli ultimi ritocchi alla legislazione che regolerà l’uso del berbero nei media e nelle sedute parlamentari e il suo insegnamento nelle scuole pubbliche, come previsto dallo stesso art. 5 della costituzione. Dai banchi del governo inoltre si sono levate voci che hanno posto l’accento sulla prima parte di questo articolo, che sancisce che “l’arabo resta la lingua ufficiale dello stato. Lo stato opera per la salvaguardia e lo sviluppo della lingua araba e alla promozione del suo uso”. L’argomentazione più sbandierata ha fatto leva invece sulla mancanza degli strumenti necessari per consentire l’utilizzo del berbero in parlamento (ovvero la mancanza di traduttori) e il conseguente rischio di rendere impossibile la comunicazione.

Dopo circa un quarto d’ora di dibattito, il ministro dell’istruzione ha preso la parola, assicurando a Fatima Chahoul che finora esistono 3000 scuole che garantiscono l’insegnamento del berbero, frequentate da circa il 15% degli studenti. Il ministero, ha aggiunto, ha curato la formazione di 14mila insegnanti di berbero e 300 ispettori. El-Ouafa inoltre ha ricordato la stretta collaborazione che il suo ministero ha avviato con l’Istituto reale di Cultura berbera.