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Marocco: museruola al dissenso

Bandiera del Marocco

Editoriale. The New York Times (18/10/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

In qualità di monarchia votata alla democrazia, il Marocco gode dell’immagine di uno dei più stabili Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Ma la sua reputazione è minacciata da una campagna intimidatoria del governo contro giornalisti e gruppi per i diritti umani.

Dopo le proteste della Primavera araba del 2011, il regno di Mohammed VI ha adottato misure favorevoli a una maggiore apertura del Marocco alla partecipazione democratica, tra cui la stesura di una nuova Costituzione e l’organizzazione di elezioni parlamentari. Lo scorso mese, si sono svolte con successo le votazioni regionali e locali.

Purtroppo, sullo sfondo di questi successi democratici, il governo marocchino se la prende con quei giornalisti che osano dare notizie che non gli piacciono, con mezzi quali l’intimidazione, le molestie, le pende di detenzione per crimini poco chiari come la diffamazione dello Stato. In agosto, Samad Lach, un attivista per i diritti umani e membro dell’Associazione Marocchina per il Giornalismo Investigativo, si è visto imporre un divieto di viaggio dopo essere stato interrogato e accusato di una serie di sospetti crimini, tra cui “lavorare per agenti stranieri”.

Lì dove le accuse politiche non riescono, vengono prese di mira le vite private dei giornalisti: in maggio, Hicham Mansouri, giornalista d’inchiesta, è stato condannato a 10 mesi di prigione per adulterio, un caso in cui Human Rights Watch ha riscontrato un movente politico.

Anche alcune organizzazioni della società civile sono sotto attacco. Lo scorso mese, a Maati Monjib, presidente del gruppo per il diritti umani Freedom Now, nonché professore all’Università di Rabat, è stato impedito di andare in Norvegia per una conferenza dopo essere stato accusato di diffamazione, di diffusione di notizie false e di danni all’immagine del Marocco. In segno di protesta, Monjib ha iniziato uno sciopero della fame ed è stato di recente ricoverato in ospedale. Alla Reuters ha detto: “Meglio morire che vivere in questa ingiustizia”.

Karima Nadir, vice presidentessa dell’Associazione Marocchina per i Diritti Digitali, è accusata di “false denunce”, “disprezzo degli sforzi dello Stato” e “insulto alle autorità” dopo aver diffuso un rapporto sull’agghiacciante sorveglianza dei cittadini in Marocco.

Quest’azione concentrata contro quanti criticano il regime di fatto danneggia gravemente l’immagine del Paese. Il governo dovrebbe smetterla di molestare i giornalisti e dovrebbe permettere alle organizzazioni per i diritti di lavorare in conformità con la Costituzione del Marocco e con gli standard internazionali. Se non lo farà, metterà a rischio tutti i progressi fatti negli ultimi quattro anni.

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Roberta Papaleo

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  • è perfettamente tutto cosi, anzi di più. abbiamo un Re incapace impraparato, speculazione ai record, per mantenere i suoi castelli ci vogliono al giorno 15 milioni circa di euro senza contare che ogni anno vuole auto tedesche nuove tra cui BMW Mercedes ect.. per dirla in breve il dittatore che c’è in marocco è peggio di Assad..