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Marocco, il potere usa la giustizia come mezzo di pressione sui giornalisti

Intervista di Charles Torron L’Orient-Le Jour 02/10/2019   Traduzione di Katia Cerratti

Secondo un responsabile di Reporter senza frontiere, la condanna di Raissouni è legata alla sua professione giornalistica.

Lunedì scorso  la corte di Rabat ha ha condannato Hajar Raissouni, una giornalista marocchina di 28 anni a un anno di prigione per “aborto illegale” e “relazioni sessuali al di fuori del matrimonio”. Insieme a lei sono stati arrestati e processati il suo ginecologo, condannato a due anni di prigione e il suo fidanzato condannato a un anno.  I parenti della giornalista però, sostengono che questo giudizio sia una questione politica e non di costumi. Hajar Raissouni lavora per il quotidiano indipendente Akhbar al-Yaoum, noto per i suoi articoli critici sul potere. Souhaieb Khayati, direttore dell’ufficio Nord Africa di Reporter senza frontiere, risponde alle domande dell’OLJ sulla condanna.

Secondo te, Hajar Raissouni è presa di mira a causa della sua professione?

Il verdetto che è stato emesso è estremamente pesante e non è insignificante il fatto  che colpisca una giornalista che lavora per il giornale Akhbar al-Yaoum, un giornale molto critico nei confronti del regime. In effetti, da oltre tre anni vediamo un crescente uso della giustizia come mezzo di pressione sui giornalisti marocchini. I capi di accusa raramente incriminano i giornalisti per i loro scritti. Vertono, indirettamente, sull’attacco alla sicurezza del Paese, sulla connivenza con l’estero, sugli abusi sessuali o, come in questo caso, su un aborto illegale. L’editorialista e direttore del quotidiano Akhbar al-Yaoum, Taoufik Bouachrine, è stato anche vittima di una campagna diffamatoria ed è stato condannato a 12 anni di prigione per violenza sessuale che ha sempre negato.

È un metodo sempre più utilizzato dal palazzo?

È una spada di Damocle che incombe continuamente sui giornalisti che vogliono esercitare liberamente la loro professione. Dal 2015 viviamo una regressione delle libertà della stampa e dell’informazione, con restrizioni sempre più forti all’esercizio della professione di giornalista. Noi lo deploriamo e proviamo a sviluppare un dialogo costruttivo con le autorità per sensibilizzarle su questo tema.

Le condanne come quella di Hajar Raissouni hanno un’eco importante nella stampa internazionale e danno una pessima immagine al Marocco. Tuttavia, il potere in atto continua ad avere una posizione rigida e irremovibile. Noi non perdiamo la speranza e continueremo a fare ciò che è necessario per migliorare la situazione dei giornalisti e dei media che lavorano in Marocco.

La situazione della libertà di stampa in Marocco è rappresentativa della situazione nel Maghreb?

Nel Nord Africa, c’è un’eccezione, la Tunisia. Dopo la rivoluzione del 2011 e la conseguente transizione democratica, il governo tunisino ha assicurato un migliore livello di libertà alla stampa. Il settore dei media e i giornalisti hanno combattuto per i loro diritti e continuano a farlo. La Tunisia rimane al 74 ° posto su 180 paesi nella nostra classifica di paesi secondo il rispetto della libertà di stampa. Le speranze sono grandi ma il paese non fa ancora parte di quelli in cui si può ben esercitare la professione di giornalista. Il Marocco, nel frattempo, è 135 °, il che ben illustra le difficoltà incontrate dai giornalisti del quotidiano Akhbar al-Yaoum per scrivere liberamente.

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