Di Abdellatif Kinini. Al Huffington Post Maghreb (15/05/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
La guerra tra arabofoni e francofoni in Marocco non è di ieri: è una tensione constante che, ogni volta, prende forme diverse.
Spesso i protagonisti di questo sterile dibattito vengono da due mondi dissonanti, da due strutture mentali inconciliabili. Mentre gli uni fanno riferimento alla storia di un’identità diffusa e ambigua, gli altri preferiscono distinguersi esibendo valori “moderni”, che poco si adeguano alle aspettative di un pubblico deluso dalle performance inquietanti di un élite divisa e poco creativa.
Verso la fine del marzo scorso, si è potuto constatare un riemergere della velenosa diatriba, che ha suscitato un miscuglio di interrogativi: la francofonia ha mai preteso di soppiantare la cultura o l’identità araba in Marocco? L’insegnamento del francese ha mai voluto escludere l’arabo dalla competizione pedagogica? Si è mai dimostrato inadatto per insegnare le scienze? Queste asserzioni non sono per caso guidate da disegni politici che non rivelano la loro vera portata?
Da un altro lato, per i seguaci intransigenti di una visione assai discutibile del futuro delle lingue, non si pensa che il rilancio dell’insegnamento della darija [dialetto marocchino, ndt] è all’origine dell’attacco alla francofonia? Quando Noureddine Ayouche, fondatore e presidente onorario della Fondazione Zakoura Education, dice che i messaggi pubblicitari non sono in arabo, ma piuttosto in francese o in darija, non sa di attizzare una provocazione imperdonabile? Nel senso che tale provocazione verrà di certo rapidamente strumentalizzata dagli arabofoni per cui l’arabo classico ha una primazia sacra.
In un articolo del quotidiano Akhbar Al Youm dello scorso 10 aprile, si leggeva che la questione della seconda lingua rischiava di “far saltare in aria” il Consiglio di Omar Azziman, presidente del Consiglio Superiore per l’Istruzione, la Formazione e la Ricerca Scientifica (CSFRS). Essendo l’arabo la lingua ufficiale, è lo status del francese come seconda lingua e come lingua di insegnamento che viene messo in discussione dagli arabofoni, soprattutto dopo l’arrivo degli islamisti al governo. Tuttavia l’articolo ci ricorda che “la lobby francofona” sta per imporre la sua visione sull’intera faccenda.
Tra l’espressione “far saltare in aria il Consiglio” e “visione imposta dalla lobby francofona”, si può ben immaginare la perplessità che si cerca di coltivare in seno all’opinione pubblica per seminare zizzania. In Marocco, l’odio per la “lobby francofona” comporta necessariamente un rifiuto della lingua francese e un disprezzo della francofonia. Questa lobby, ossessione degli islamisti, non è altro che l’espressione di quei marocchini che hanno ricevuto, nel loro percorso laico, una buona formazione in lingua francese. E questo li dovrebbe per forza rendere motivo di disgusto per buona parte dei fanatici!
Molti altri articoli riguardanti la questione sono stati pubblicati di recente, come quello apparso sulla prima pagina della versione cartacea di Al Massae dello scorso 7 aprile, dal titolo: “L’illusione francese”. La regolarità e l’ordine di apparizione di questi articoli anti-francofoni sulla stampa nazionale tradiscono l’esistenza di un’agenda manipolatrice che rimane anonima. Un’agenda che priva i protagonisti arabofoni di tutta la loro credibilità nel difendere l’arabo, nell’opporsi all’insegnamento del francese o nel proporre un consolidamento dello status della lingua inglese.
Di fatto, il francese, l’inglese e anche lo spagnolo sono sempre stati insegnati in Marocco senza il minimo problema. È stato solo dopo l’avvento dell’islam politico al potere che l’insegnamento delle lingue straniere e lo status dell’arabo sono diventati oggetto di polemica. È dunque per motivi meramente ideologici che assistiamo al feroce dibattito tra arabofoni e francofoni. L’amore per l’arabo e la solida opposizione alle modalità d’insegnamento del francese sono un artificio per confondere la gente. Spetta ora a Omar Azzimane riproporre una vecchia strategia, in quanto la sua delicata missione coinvolge il destino di un’intera nazione, nonché il futuro securitario di tutto il Maghreb.
Abdellatif Kinini è un ex militante del Volontariato Internazionale e membro fondatore della sezione sindacale indipendente della Federazione Democratica del Lavoro (FDT).
I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu
Add Comment