Di Moulay Ali al-Wadi’ al-Ghafiry. Assabah (23/05/2014). Traduzione e sintesi di Caterina Ielo.
Nel corso dell’incontro trilaterale svoltosi al porto Jorf Lasfar, nel 2003, il re Muhammad VI, che presiedeva l’incontro, ha esortato il governo, i sindacati e i datori di lavoro, a velocizzare l’emanazione di una legge sul lavoro che incentivasse gli investimenti da un lato, e garantisse i diritti dei salariati dall’altro. Solo dopo numerose sedute di consultazione, che hanno riunito personalità del campo economico e sociale, si è giunti ad un’intesa su un codice del lavoro entrato in vigore l’8 giugno 2004. Si è trattato di un momento storico, visto che per la prima volta si è potuto beneficiare di un riferimento giuridico unificato che definiva chiaramente i diritti e i doveri nel campo lavorativo contribuendo a fondare le basi dello sviluppo economico e di stabilità sociale e creando un clima di fiducia nei circoli di investitori marocchini e stranieri.
Tra i principi di maggior rilievo sanciti dal codice, vi è quello di creare una cultura di dialogo sociale come mezzo per risolvere le controversie sul lavoro, principio che trova un riscontro, almeno teorico, nel concetto di contrattazione collettiva – art.92, o in altri meccanismi come il Comitato per l’impresa, la salute e l’integrità sul lavoro, il Consiglio della medicina del lavoro, il regolamento interno per le imprese, gli enti di ispezione sul lavoro e altre condizioni che, tuttavia, continuano a non funzionare nel modo appropriato in numerose imprese marocchine.
Proprio adesso che ricorre il decimo anniversario dell’entrata in vigore del codice, non si può fare a meno di notare la disparità tra i principi e le prescrizioni citati al suo interno e la realtà del tessuto economico nazionale che non riesce a far fronte alle misure incluse nel codice nonostante l’attenzione e l‘interesse continui da parte degli organi che fanno capo al Ministero del lavoro attraverso i numerosi programmi e seminari lanciati negli ultimi anni. Ciò emerge chiaramente nel mancato avanzamento della contrattazione collettiva che avrebbe dovuto rappresentare il punto di partenza per l’approvazione di accordi sul lavoro, una maggiore competitività delle imprese e garanzia di un livello minimo di privilegi per i salariati.
A mio parere, è necessario almeno un decennio affinché il codice del lavoro acquisisca piena efficacia, anche perché ogni legislazione sul lavoro è soggetta a cambiamenti dovuti al periodo storico e al tessuto sociale ed economico che cambia e si sviluppa. A tal proposito, alcune azioni potrebbero contribuire al raggiungimento di questo obiettivo: la creazione di un osservatorio nazionale per il lavoro, l’unificazione dei meccanismi di applicazione delle disposizioni del codice del lavoro, la gestione più accurata dei conflitti sul posto di lavoro, un maggior coordinamento tra i Ministeri del lavoro, della giustizia e degli interni per monitorare e gestire tutte le problematiche e le difficoltà che ostacolano la funzione degli ispettori del lavoro e ,infine, la semplificazione dei parametri per garantire la sicurezza e l’integrità all’interno delle imprese.
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