Di Nina Larson. The Times of Israel (04/11/2014). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo.
Dieci milioni di persone nel mondo non hanno nazionalità e vivono in un limbo legale devastante. Per questa ragione l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) ha lanciato una campagna per sradicare l’apolidia nel giro di un decennio, ma si è astenuta dall’includere i palestinesi nello sforzo, appellandosi alla necessità di una “soluzione politica” separata.
Con la sua campagna “I belong” (Io appartengo), l’UNHCR mira a mettere in luce le “devastanti conseguenze a lungo termine dell’apolidia” e a spingere i Paesi a rettificare le loro leggi per assicurarsi che a nessuno venga negata una nazionalità. “Spesso gli apolidi sono esclusi dalla culla alla tomba, perché non hanno un’identità legale quando nascono, accesso all’educazione, sanità, matrimonio, opportunità di lavoro e persino la dignità di una sepoltura ufficiale e di un certificato di morte quando muoiono”, afferma il rapporto dell’UNHCR.
Il rapporto non fa riferimento al caso dei palestinesi. Il problema per molti dei 4,5 milioni di palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e per tutti quei milioni che vivono come rifugiati in ogni parte del mondo è che lo Stato della Palestina deve ancora approvare le sue leggi per la nazionalità, ha dichiarato l’Alto Commissario dell’UNHCR Antonio Guterres, insistendo nel dire che questa “situazione molto specifica” richiede una “soluzione politica”.
Si può diventare apolidi per una serie di motivi, come la discriminazione per ragioni etniche, religiose o di genere o quando uno Stato-nazione cade a pezzi. Anche guerre e conflitti spesso rendono difficile la registrazione delle nascite.
La campagna ha l’obiettivo di raccogliere 10 milioni di firme a favore della petizione per sradicare la apolidia entro i prossimi 10 anni. La buona notizia, secondo l’UNHCR, è che molti progressi sono già stati fatti per risolvere il problema, con più di 4 milioni di apolidi che hanno ottenuto una cittadinanza nello scorso decennio grazie ai cambiamenti politici e legislativi.
“A differenza di molti conflitti armati, la risoluzione dell’apolidia è completamente nelle mani di ogni Stato interessato”, ha detto Guterres.
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