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L’incontro in Vietnam non metterà fine alla crisi siriana

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Il presidente americano e russo si sono accordati in Vietnam su una soluzione pacifica per la fine della guerra in Siria. Ma quali saranno le conseguenze per un Paese diviso tra varie influenze regionali e internazionali?

Di Abdulrahman al-Rashed. Asharq al-Awsat (12/11/2017). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

Sarebbe potuto essere questo l’ultimo capitolo della guerra siriana così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi sei anni. Ma la crisi siriana ha dinanzi a sé altri capitoli. Per mettere fine alla guerra, il presidente americano e quello russo si sono incontrati in Vietnam, dove hanno affermato il fallimento della soluzione militare, dichiarando come unica soluzione alla crisi quella “pacifica”.

Quel che emerge come più pericoloso dall’ammissione del fallimento militare in Siria è l’approvazione di una divisione geografica – anche se temporanea – del Paese tra le diverse potenze straniere, tra cui Russia, Stati Uniti, Iran e Turchia. L’idea è quella di mettere fine al combattimento e di negoziare successivamente per una soluzione. Tuttavia, una simile posizione accettata a livello internazionale, anche se temporanea, alimenterà il conflitto regionale tra Iraq, Israele e Turchia.

Dalle recenti mappe satellitari si evidenzia come l’Iran stia costruendo una serie di piccole basi militari che si estendono dalla periferia a sud di Damasco fino alle Alture del Golan, oltre agli incontri militari del partito libanese Hezbollah in altre aree della Siria. La presenza militare iraniana e dei suoi alleati conferma un pericolo maggiore di Israele che non può essere ignorato.

Inizialmente proprio Israele, come altri stati nella regione, aveva sottovalutato l’infiltrazione iraniana nel territorio siriano. Era sicuro che la guerra civile avrebbe potuto servire i suoi interessi e pensava che la triade settaria formata da Hezbollah, forze iraniane e Daesh (ISIS) avrebbe perso un gran numero di militanti negli ultimi tre anni.

Quindi anche se un accordo tra le potenze principali riesca a mettere fine allo scontro, dovremmo preoccuparci della nuova fase di scontri regionali all’interno e al di fuori della Siria.

Israele considera Hezbollah un battaglione iraniano avanzato nel conflitto per l’influenza in Medio Oriente, alimentato dall’accordo del cessate il fuoco che approverà la presenza iraniana in Siria. Proprio nelle aree sotto il suo controllo, la Guardia Rivoluzionaria sta costruendo una presenza a lungo termine, con una serie di piccole basi militari che le permettono di estendere la sua sfera di influenza dall’Iraq al Libano. Questo spiega le ultime minacce di Israele indirizzate contro Hezbollah tanto in Libano quanto in Siria.

Se Israele, Iraq e Turchia confinano con la Siria e sono direttamente coinvolti nelle fasi della soluzione, l’Iran non condivide alcun confine con la Siria, ma rappresenta l’unica forza con la maggiore estensione e azione militare sul territorio. Da notare però che se non fosse per il sostegno aereo russo, le milizie iraniane non sarebbero sopravvissute alla sconfitta e non avrebbero potuto estendersi nel Paese.

Questa è la realtà e non riesco ad immaginare le modalità di attuazione di un accordo sulla fine della guerra in Siria, dal momento che lo stesso è riuscito solo a fermare la presenza di forze terroristiche come Daesh, il fronte al-Nusra e Ahrar al-Sham, ma fallirà nel liberare la Siria da milizie regionali più pericolose.

 

*Abdulrahman al-Rashed è ex capo redattore del quotidiano Asharq al-Awsat e ex direttore generale del canale al-Arabiya.

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