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Libano, patria dei rifugiati

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Su 4 milioni di abitanti locali, sono 2 milioni i rifugiati e profughi.

Di Rajeh al-Khouri. Asharq al-Awsat (08/04/2017). Traduzione e sintesi a cura di Andrea Francesco Monaco.

Alla vigilia della conferenza di Bruxelles dal titolo “Sostenere il futuro della Siria e della regione”, il regime di Bashar al-Assad ha bombardato la città di Khan Shaykhun con armi chimiche causando la morte di decine di persone e aggravando la situazione dei rifugiati. Come da manuale, la Russia si è precipitata in sostegno del regime siriano dichiarando che il vero obiettivo dell’aviazione del regime fossero le cellule di Daesh (ISIS) che stava producendo bombe chimiche: un altro maldestro tentativo di proteggere Assad.

Nel frattempo a Bruxelles si sono piante le vittime e i bambini, ma le lacrime non metteranno fine alla catena di attacchi in Siria, né alla diaspora siriana, soprattutto in Libano, un Paese che, da solo, non è più in grado di sostenere il peso di questa crisi.

Sin dalla prima Conferenza Internazionale dei Donatori (2013), l’appello del Libano non è stato mai ascoltato. Allora, il numero di rifugiati siriani in Libano non superava il milione, mentre oggi sono circa 2 milioni tra profughi e rifugiati. Alla conferenza di Londra (2016), il Libano ottenne solo 726 milioni di aiuti a fronte di 15 miliardi spesi in 3 anni.

A Bruxelles, Saad Hariri ha riferito che “in rapporto, sarebbe come se l’Unione Europea accogliesse 250 milioni di rifugiati”. C’è allora da chiedersi se il mondo stia davvero tenendo in considerazione le parole del primo ministro che ha richiesto fondi per un ammontare di 10 miliardi di dollari per lanciare programmi di sviluppo e dividere le quote di rifugiati?

Da dove arriveranno questi 10 miliardi se la Germania, che è supposta essere il più grande paese donatore del Libano, l’anno scorso ha versato solo 286 milioni di euro?

Si ricorderà della visita di Ban Ki Moon a Beirut lo scorso maggio con lo scopo di far restare i siriani lì dov’erano, senza delocalizzarli in Europa. Di lì, la promulgazione di un nuovo rapporto ONU avviò, in seno alla famiglia internazionale una vera corsa al rimpatrio: esso dispone che “nei casi in cui le condizioni siano tali da non favorire il rimpatrio, i rifugiati degli Stati riceventi devono essere messi in condizione di ricostruirsi una vita (…), (gli Stati) dovranno valutare dove, quando e come fornire loro la possibilità di ottenere la cittadinanza”.

La risposta internazionale durante le scorse conferenze non è stata per nulla incoraggiante.

Nel frattempo il primo ministro Hariri cerca di gestire il problema non solo tramite il suo appello a Bruxelles, ma anche chiedendo al ministro degli interni Nohad Machnouk di condurre un’operazione di registrazione delle nascite siriane in Libano dopo l’esodo. Secondo le stime, il numero di siriani nati in Libano è di 120 mila e non saranno riconosciuti dal regime siriano.

Rajeh al-Khouri è un giornalista e analista politico libanese.

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