Di Nada Akl. The Daily Star (12/02/2013). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi
Recentemente due libanesi, Kholoud Succariyeh, sunnita, e Nidal Darwish, sciita, hanno deciso di sposarsi civilmente, ma poiché nel paese questo istituto non esiste la loro unione non è stata riconosciuta. La coppia è riuscita ugualmente a catalizzare l’attenzione e con le elezioni alle porte questo tentativo, per quanto fallito, costituisce un’opportunità per dibattere e magari rivedere il diritto civile libanese.
La questione non è nuova in Libano, paese in cui ben 18 sette religiose hanno la giurisdizione su matrimonio, divorzio, eredità, custodia dei figli e altri aspetti della vita privata. Tentativi di introdurre il matrimonio civile risalgono agli anni Cinquanta, ma secondo Succariyeh e Darwish una legge già c’è: il decreto n. 60 del 1936.
Gli sposi hanno prima intrapreso un procedimento amministrativo per cancellare l’appartenenza religiosa dai propri documenti. Dopo circa un anno un notaio li ha sposati e il loro contratto è stato sottoposto al Ministero dell’Interno per acquisire una licenza di matrimonio.
Nel paese si sono levate forti voci di condanna del matrimonio civile da parte di personalità eminenti. Il Gran Mufti Mohammad Rashid Qabbani ha lanciato una fatwa per punire chi si schiera a favore. Anche l’Alto Consiglio Sciita si è espresso contro ed ha invocato un dialogo interconfessionale sulla questione.
Sul piano politico, il Primo Ministro Najib Mikati ha definito il dibattito “inutile”. Tuttavia il Presidente Michel Sleiman e l’ex Premier Saad Hariri si sono espressi positivamente, un punto importante per una questione che non sempre trova spazio nelle agende dei leader.
Dal 2009 i libanesi hanno la possibilità di cancellare la propria appartenenza religiosa dai documenti, ma si tratta di un atto dal mero valore simbolico. Per i cittadini è infatti impossibile svincolarsi dalle autorità settarie, che di fatti costituiscono uno dei principali ostacoli alla più grande sfida del Libano: promuovere un senso di identità nazionale grazie ad un patto tra l’individuo e lo Stato, oltre le divisioni confessionali.
Imporre un legge religiosa su tutti i cittadini, credenti o no, molto probabilmente svilisce il valore spirituale del matrimonio. Succariyeh e Darwish si sono sposati anche secondo il rito religioso, ma non l’hanno registrato. Nonostante siano entrambi credenti, infatti, insistono sulla necessità di un riconoscimento civile e si battono perché ciò avvenga.
Il matrimonio è solo la punta dell’iceberg in una sistema settario complesso ed esteso. Legalizzare il matrimonio civile potrebbe essere una pietra miliare nel consolidamento dell’identità nazionale, cercando così di superare la permanente fragilità del Libano.
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