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Gli strumenti musicali nel mondo arabo, secondo Curt Sachs (prima parte)

Molte pagine nel libro “Storia degli strumenti musicali” di Curt Sachs, già citato in articoli precedenti (qui e qui), sono dedicate al mondo arabo e agli strumenti che, in varie parti del pianeta, ne hanno subito in qualche modo l’influenza.

La civiltà araba, scrive Sachs, è più antica di quanto comunemente si creda, potendo risalire fino al III millennio a.C..

Uno dei più famosi e antichi regni arabi fu quello della regina di Saba, colei che si recò a far visita al re Salomone. Con il passare del tempo le antiche rotte commerciali che univano il Mediterraneo e l’Oriente, persero d’importanza e decaddero con la nascita dell’Impero Romano. Sorsero nuove vie e centri commerciali, vitali per gli scambi tra Occidente ed Oriente. Tra questi vi erano Al-Hijiaz, sulla costa ovest dell’Arabia; Al-Hira, vicino l’antica Babilonia; Palmira, in Siria. La mescolanza fra gli Arabi e le genti provenienti da tante altre località rendeva questo mondo internazionale ed interculturale, per cui è una grossa approssimazione chiamarlo “arabo”. Ogni personaggio che si spostava da un luogo all’altro portava con sé i canti, gli stili e gli strumenti musicali della propria terra ed era perfettamente normale che nel 600 d.C., tanto per citare uno degli esempi riportati da Sachs, presso la corte siriaca dei Gassanidi si trovassero dieci fanciulle cantatrici, cinque delle quali bizantine e cinque proveniente da Al-Hira, e ciascuna cantava liberamente i canti della propria tradizione d’origine. Gli stessi schiavi, venduti di Paese in Paese, contribuirono a diffondere le musiche delle loro terre di provenienza.

Le cose cambiarono con l’unificazione dei vari Paesi conquistati e riuniti nel vastissimo impero arabo-islamico, all’inizio del VII secolo. La cultura divenne più omogenea nell’ambito di territori che spaziavano tra la Spagna e l’Arcipelago Malese. Il liuto ad arco con puntale viaggiò dal Kurdistan fino a Bali e in Egitto; i tamburi a cornice venivano suonati dalle ragazze arabe come dalle spagnole; l’oboe persiano fece udire il suo suono dal Borneo fino al Marocco.

L’Europa subì ancora più dell’Asia l’influenza degli strumenti arabofoni, ben oltre i confini dell’impero e delle colonie arabo-islamiche. Non solo in Andalusia, in Sicilia e nell’Italia meridionale, quindi, ma in tutto il continente. Scrive Sachs che “all’inizio dell’epoca moderna l’Europa possedeva quasi esclusivamente strumenti nati nel Vicino Oriente, alcuni dei quali bizantini, ma per la gran parte islamici”.

Nei prossimi articoli visiteremo, insieme a Curt Sachs, il mondo degli strumenti musicali del Vicino Oriente e, quindi, del mondo arabo, sin dall’epoca pre-islamica.

A presto!

Cinzia Merletti

 

About the author

Cinzia Merletti

Cinzia Merletti è musicista, didatta, saggista. Diplomata in pianoforte, laureata in DAMS, specializzata in Didattica e con un Master in Formazione musicale e dimensioni del contemporaneo. Ha scritto e pubblicato saggi sulla musica nella cultura arabo-islamica e mediterranea, anche con CD allegato, e sulla modalità. Saggi e articoli sono presenti anche su Musicheria.net. Ha all'attivo importanti collaborazioni con musicisti prestigiosi, Associazioni culturali e ONG, enti nazionali e comunali, Conservatorio di Santa Cecilia, per la realizzazione di eventi artistici, progetti formativi ed interculturali tuttora in corso.

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