Egitto Zoom

L’eredità politica di Morsi

Di Alaa Bayoumi. Al-Arabi al-Jadid (24/06/2019). Traduzione e sintesi di Cristina Tardolini

È troppo presto per formulare giudizi decisivi sull’eredità del defunto ex presidente egiziano Mohamed Morsi.

I governi di Israele, Emirati Arabi e Arabia Saudita si sono opposti alla rivolta di gennaio 2011, alla rimozione di Hosni Mubarak dal potere, alla democratizzazione dell’Egitto e alla vittoria dei Fratelli Musulmani durante le elezioni del 2012, ma non vi sono informazioni sufficienti sul ruolo specifico dei loro governi e delle loro istituzioni di sicurezza e intelligence nel sostenere gli oppositori di Morsi, i leader dell’esercito egiziano e il colpo di stato militare. Allo stesso modo, non ci sono informazioni sufficienti su cosa abbia portato Morsi a commettere i suoi più importanti errori politici, in primo luogo nominare Abdel Fattah Al-Sisi Ministro della Difesa, ritardare la riforma delle istituzioni di sicurezza, emettere una dichiarazione costituzionale e non riconciliarsi con i suoi avversari.

L’esperienza politica del Presidente Morsi, così come l’esperienza della rivoluzione di gennaio, è il risultato dell’interazione di istituzioni e tradizioni storiche con radici che risalgono almeno al 1952. Il regime di luglio impose enormi restrizioni che minarono le possibilità di successo della rivolta politica egiziana e dei vari attori che parteciparono al movimento di massa.

Morsi non amava lavorare da solo, come invece molti dei leader delle forze civili, ma si unì ad uno dei gruppi di opposizione più organizzati e popolari, quello dei Fratelli Musulmani, esponendosi a dolorose esperienze politiche, come l’arresto e la reclusione, anche se l’esperienza gli ha permesso di partecipare al lavoro parlamentare diversi anni prima della rivoluzione di gennaio.

Morsi non ha trovato sostegno da parte delle istituzioni statali che hanno appoggiato il colpo di stato militare, né dai media, la maggior parte dei quali sotto l’influenza del regime egiziano o dei regimi della controrivoluzione. Persino il popolo egiziano non ha avuto abbastanza consapevolezza della natura della transizione democratica.

In questo contesto Mohammed Morsi fu politicamente assassinato, morendo nelle prigioni del colpo di stato militare.

Professore universitario con un dottorato di ricerca negli Stati Uniti, avrebbe potuto passare la vita fuori dal paese, come molti scienziati e pensatori egiziani, godendo di una vita più facile e più felice in un’università o istituzione scientifica occidentale, ma preferì tornare nel suo paese e lottare per le riforme dall’interno. Ha sacrificato la sua libertà per servire il paese e ha volontariamente scelto un percorso difficile, la strada dell’azione pubblica e politica per la quale è stato arrestato e perseguitato, candidato alla presidenza in circostanze critiche e in un contesto difficile. E ha pagato con la vita il prezzo per la fede nella sua causa.


Vai all’originale:

https://www.alaraby.co.uk/opinion/2019/6/23/%D8%AA%D8%B1%D9%83%D8%A9-%D9%85%D8%B1%D8%B3%D9%8A-%D8%A7%D9%84%D8%B3%D9%8A%D8%A7%D8%B3%D9%8A%D8%A9-1







About the author

Redazione

Arabpress dal 2011 si dedica al mondo arabo e islamico fuori e dentro l'Italia. Uno strumento utile per chiunque voglia tenersi aggiornato su quello che succede quotidianamente nell’area mediterranea e medio orientale attraverso notizie, approfondimenti e articoli di giornalisti e esperti nel settore, oltre a traduzioni dalla stampa ufficiale internazionale.

Add Comment

Click here to post a comment