Di Jacky Hugi. Al-Monitor (29/12/2015). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.
Una nuova versione del Corano in ebraico, il cui titolo è “Il Corano in altre parole”, è stata appena aggiunta alla librerie israeliane, portando il numero totale di traduzioni in ebraico a cinque. A differenza delle precedenti quattro traduzioni, a cui avevano lavorato degli ebrei, l’intero progetto è stato questa volta affidato a dei musulmani. Se il target è il pubblico israeliano, il promotore ed editore del progetto è giordano. La traduzione è stata, infatti, pubblicata da Bayanat, un centro indipendente per lo studio dell’Islam con sede ad Amman. Il lavoro di traduzione del testo è stato dato a Subhi Ali Adawi, un educatore arabo-israeliano dal villaggio di Turan in Galilea che si descrive come un “credente, ma apolitico”.
“Tradurre non è solo sostituire una parola con la parola equivalente nella lingua di destinazione. Significa trasmettere anche lo spirito della lingua”, ha detto Adawi. “Il Corano ha frasi lunghe e tortuose, ma ha anche le idee ben formulate. Spetta al traduttore mantenere la coesione del testo. Nessuno dei miei predecessori ha preservato la struttura originaria in modo coerente. Alcuni di loro hanno usato un linguaggio biblico e azzardato delle connessioni con la Bibbia, anche se il Corano si trova solo come testo indipendente. Io non ho aggiunto una sola parola e non ho provato per parafrasare nulla”.
Adawi ha dedicato 3 anni e mezzo a questo progetto: “È stato un vero lavoro, in ogni senso della parola”, un lavoro faticoso, ma anche un atto di culto a cui si è approcciato con un senso di stupore per il divino. “Dopo tutto, il Corano è il nostro Santo dei Santi”, ha detto il traduttore. Il risultato è degno di rispetto. È un’edizione elegante, ma allo stesso tempo accessibile al pubblico ebraico. Il linguaggio stesso è molto lucido, un risultato raro per qualcuno la cui lingua madre non è l’ebraico.
La sfida più grande che Adawi ha affrontato durante il processo di traduzione è stato trasmettere le parole così come sono cercando di rimanere allo stesso tempo fedele alla lingua ebraica. Può sembrare semplice, ma il Corano è vittima di pregiudizi ed è spesso sottoposto ingiustamente a interpretazioni distorte, anche fra alcuni musulmani, anche sulla base di un solo verso.
“Il Corano è un dono per tutta l’umanità. Esso contiene le linee guida per una vita corretta, unite a premi e punizioni. Ci sono capitoli sul rispetto dell’altro e ci sono capitoli che esortano la gente ad ‘andare a vedere’, andare a visitare la terra e le genti e imparare da questo. Questo è il Corano. Si tratta di una guida per l’umanità”. Allora perché è oggetto di tanta ostilità? Per Adawi, la questione è di natura politica e non religiosa. Il Corano vieta di uccidere. “Ciò che Daesh (ISIS) sta facendo non è l’Islam. È un crimine contro l’umanità. Ci sono persone che ci è concesso combattere, ma c’è anche un sacco di spazio per la tolleranza, l’inclusione e il rispetto dell’altro. Ecco perché è così importante ascoltare, e il Corano lascia abbondate spazio all’ascolto”.
Jacky Hugi è analista di affari arabi per la radio dell’esercito israeliano Galie-Zahal. È editorialista del quotidiano economico Globes e ex corrispondente per gli affari arabi per Maariv.
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