Di Raghid el-Solh. Al-Khaleej (05/09/2014). Traduzione e sintesi di Caterina Ielo.
Di recente, la Lega Araba ha tenuto una nuova sessione ministeriale per discutere un lungo programma di lavoro che include trenta punti, di cui tra i primi figurano la questione palestinese, la crisi siriana, la situazione in Libia, Yemen e Sudan e la lotta al terrorismo, nonché il dossier sulla riforma della Lega stessa. Ognuna di queste questioni attira l’interesse delle élite e dell’opinione pubblica dei Paesi arabi e del resto del mondo, ma purtroppo, a livello attuativo, la Lega Araba sembra discostarsene e si è a poco a poco trasformata in un attore marginale sulla scena regionale.
Inizialmente, le riunioni della Lega inizialmente suscitavano ottimismo tra la gente; in seguito, però, le sue sedute e le decisioni emesse si sono rivelate essere solo inchiostro su carta trasformando l’ottimismo in delusione. Col tempo si è creato un clima di pregiudizi nei confronti della Lega Araba e dei suoi programmi, figli delle sue continue azioni incompiute da decenni fino ad oggi, ma figli anche delle grandi disparità tra le sfide affrontate dai Paesi arabi, da un lato, e le scarse capacità della Lega di affrontare queste sfide, dall’altro.
La Lega Araba era nata per armonizzare i Paesi membri e badare ai loro interessi, ma oggi qual è il senso della sua esistenza se quegli stessi Paesi hanno rinunciato all’armonizzazione tra di essi e si sono frammentati? Quale sarà il destino della Lega Araba se il suo lavoro è stato caratterizzato per lo più da decisioni e risoluzioni che non sono state quasi mai messe in atto? In precedenza, gli Stati membri hanno cercato di conciliare due cose: da un lato, hanno cercato di contribuire al processo decisionale per soddisfare l’opinione pubblica araba orientata alla solidarietà e all’integrazione tra i Paesi arabi e, dall’altro lato, hanno cercato di astenersi dall’implementare decisioni contrastanti con le forze di opposizione ai concetti di solidarietà e integrazione.
Questa fase però è diversa dalle precedenti. In passato bastava che un ente o un’iniziativa politica si associasse al pensiero arabo per ottenere legittimità. La Lega Araba, invece, sin dalla sua fondazione non ha goduto di legittimità e consensi sufficienti, perché agli occhi di molti non rispecchiava il pensiero arabo di unione e integrazione. La maggioranza sosteneva il concetto di “unione”, mentre la Lega quello di “armonizzazione e conciliazione”; il popolo voleva un’entità araba anti colonialista e contro la dominazione straniera, mentre la Lega è stata accusata di essere uno strumento creato dal colonialismo per realizzare i suoi progetti.
Dunque, l’appartenenza alla Lega Araba non è considerata un vantaggio per le élite dei Paesi membri. Questi Paesi avevano bisogno che la lega attraverso le sue riunioni e attività desse prova tangibile del suo impegno per la causa araba, ma oggi assistiamo solo ai suoi crescenti fallimenti e a una maggior opposizione contro di essa poiché non garantisce la legittimità araba.
Alla luce di questa situazione, come può la Lega Araba ripristinare la sua autorità e il suo ruolo di coordinamento e armonizzazione tra i Paesi arabi? La risposta non è per niente facile. L’unica speranza è che il Segretariato Generale possa approntare un dossier per ricostituire e riformare la Lega a 360 gradi.
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