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Le donne di Gaza scendono in strada

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Di Asmaa al-Ghoul. Al-Monitor (19/10/2015). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo.

Inam Abu Qenas, 30 anni, e Mercat Abdul Qadir, 26, si sono dirette verso la linea di frontiera sul confine est di Gaza e si sono avvicinate alla base militare israeliana di Nahal Oz per lanciare delle pietre. Il loro gesto del 9 ottobre ha spinto altri giovani manifestanti a fare altrettanto. Abu Qenas e Abdul Qadir non hanno pensato alle critiche che la loro azione poteva suscitare nella società, come donne in una protesta altrimenti esclusivamente maschile. Non hanno pensato all’atto di lanciare pietre come qualcosa riservato agli uomini.

Abu Qenas ha dichiarato: “Non potevo rimanere a casa a guardare giovani uomini e donne che, in Cisgiordania, affrontavano i soldati israeliani a petto nudo e non potevo tollerare la profanazione della moschea di Al-Aqsa. Sono venuta qui senza pensare alle critiche. In realtà, non mi interessano”. Ha aggiunto: “Ho partecipato alle proteste di venerdì e sabato (9-10 ottobre) e il numero delle donne era più alto il secondo giorno. Non c’era discriminazione tra donne e uomini”. Il 10 ottobre Abu Qenis ha perso la vista per 25 minuti, dopo essere stata colpita da un gas lacrimogeno lanciato verso di lei da un soldato israeliano. È stata curata sul posto dai soccorritori palestinesi ed è tornata subito a protestare.

Le donne a Gaza hanno cominciato a lanciare pietre sul confine est dopo che le immagini di donne che facevano lo stesso in Cisgiordania sono diventate virali sui social media e sui canali televisivi locali. La partecipazione femminile nelle proteste a Gaza e in Cisgiordania non è uno spettacolo, ma qualcosa di genuino. Gli scontri con Israele nelle città della Cisgiordania e a Gerusalemme sono stati una ferma risposta al discorso del presidente Mahmud Abbas prima dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 30 settembre, quando ha dichiarato: “Non possiamo continuare ad essere vincolati da tali accordi… Cominceremo ad attuare questa dichiarazione con tutti i mezzi pacifici e legali”.

Abdul Qadir ha cercato di apparire mascolina quando è andata a lanciare le pietre sul confine est di Gaza, ha indossato dei pantaloni simili ad una divisa militare ed ha coperto il suo viso con una sciarpa. Tuttavia la sua femminilità traspariva dai suoi occhi, truccati con l’eyeliner, e dal velo che portava sulla testa. Ha dichiarato: “Avrei dovuto vergognarmi di indossare pantaloni e lanciare pietre, ma non ci ho pensato due volte. Sono qui per ciò in cui credo”.

Secondo uno studio condotto dal ricercatore Amin al-Hassi nel 2009, la partecipazione politica delle donne palestinesi risale al 1893, durante un raduno organizzato nella città di Afula per protesta contro la creazione della prima colonia. Un altro studio del 2012 del ricercatore Ghassan al-Shami afferma che le donne hanno partecipato alla prima Intifada, iniziata nel 1987 e terminata nel 1993, in diversi modi: partecipando alle proteste e agli scontri con i soldati israeliani, scrivendo e distribuendo pubblicazioni militari, monitorando il movimento delle truppe, esercitandosi nelle armi e nelle azioni dirette, recapitando messaggi ai combattenti, ospitando i fuggitivi e partecipando alle operazioni militari. Da notare che 80 donne furono uccise nella prima Intifada.

Anche se sette persone sono state uccise e decine sono state ferite negli scontri del 9 e del 10 ottobre, Abu Qenas e Abdul Qadir stanno pianificando di scendere in strada di nuovo, confrontarsi con i soldati israeliani e guidare i lanciatori di pietre.

Asma al-Ghoul è una giornalista di al-Monitor, sezione Palestina.

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