Di Emre Deliveli. Hürriyet Daily News (29/06/2015). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo.
“Velev ki ibneyim”, ovvero “Immagina che io sia un gay”: questo lo slogan della İstanbul Pride Week, che tradizionalmente culmina il 28 giugno sulla İstiklal Avenue. Un momento di rivendicazione dei diritti di LGBT, ma soprattutto un’occasione di emancipazione per l’intera società. Nondimeno, malgrado il recente ingresso nel parlamento turco di candidati LGBT con il Partito Democratico dei Popoli (HDP), con i kemalisti del Partito Popolare Repubblicano (CHP) e con il partito nazionalista Anatolia, un sondaggio pubblicato dal sito londinese Research Turkey ha diffuso informazioni dettagliate sugli episodi di discriminazione che un “non-eterosessuale” si trova a subire nel corso della sua vita, a livello economico e sociale. I dubbi sull’attendibilità di un simile sondaggio, svolto interamente attraverso il web, con tutte le difficoltà inerenti alla verificabilità delle fonti che ne conseguono, non adombrano la portata di una questione che riguarda tutti gli aspetti della vita sociale di un individuo. Basta infatti considerare la brutale repressione del corteo per il pride LGBT di quest’anno.
Il sondaggio, condotto da Volkan Yılmaz della Bilgi University e İpek Göçmen della Boğaziçi University, ha considerato un campione piuttosto esiguo, 2.875 intervistati, ma secondo i suoi ideatori il canale di internet è l’unico percorribile se si vuole condurre un’inchiesta sull’argomento, vista la difficoltà in Turchia di dichiararsi apertamente LGBT. Per completare il sondaggio, Yılmaz e Göçmen hanno effettuato inoltre più di 200 interviste in 10 città turche. A una prima occhiata, i risultati non sembrano sconfortanti: il 69,2% degli interpellati tra LGBT riferiscono di aver ricevuto un impiego negli ultimi tre mesi (meglio del 2014, quando la percentuale non superava il 45,5%), mentre solo l’8,9% ha subito discriminazioni sul posto di lavoro, e l’8,4% ha visto respingere la propria candidatura. Nondimeno, occorre notare che il 78,9% afferma di non aver mai dichiarato apertamente la propria identità di genere, spiegando (nel 55,7% dei casi) di aver visto o sentito colleghi che hanno subito pressioni per averlo fatto. Al di fuori del mondo del lavoro invece, il 29,1% ha dichiarato di aver subito maltrattamenti per il fatto di avere una compagna o un compagno dello stesso genere. Quanto al mondo della scuola la situazione non sembra meno complicata: il 67,4% degli intervistati ha parlato di discriminazioni nei gradi di istruzione primario e secondario (con rispettivamente l’8,3% e il 4,7% di casi di abbandono scolastico), il 51,7% nei gradi superiori.
In tutta la Turchia, alle stigmatizzazioni sociali si aggiunge la scarsa consapevolezza dei propri diritti. Più della metà degli interpellati ha dichiarato di non saper come ottenere i servizi sanitari di base, mentre il 15% di coloro i quali hanno asserito di aver accesso ad essi ha incontrato atteggiamenti di ostruzionismo tra il personale medico e infermieristico. Sul fronte della casa, le condizioni non sono certo migliori: il 29,5% si dichiara infatti costretto a vivere in determinate zone della propria città, l’8,8% ha denunciato maltrattamenti da parte dei vicini, il 18,5% sui mezzi di trasporto pubblici. Dei frequenti casi di discriminazioni di varia categoria e grado, soltanto il 10% è stato denunciato alle autorità, con scarsi risultati. Statistiche a parte, a confermare la gravità della situazione in cui sono costretti a vivere molti LGBT in Turchia è stato il pubblico biasimo rivolto dal presidente Recep Tayyip Erdoğan all’HDP per aver candidato l’attivista gay Barış Sulu nelle sue liste alle ultime elezioni parlamentari.
Emre Deliveli è opinionista del quotidiano turco Hürriyet Daily News.
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