Di Murat Yetkin. Hurriyet (05/11/2016). Traduzione e sintesi di Antonia M. Cascone.
Undici membri del filocurdo Partito Democratico del Popolo (HDP) sono stati presi in custodia dalla polizia nelle prime ore del 4 novembre, inclusi i co-presidenti Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ, arrestati dal tribunale più tardi lo stesso giorno. In altre parole, i co-presidenti di un partito di opposizione, il terzo più influente nel parlamento turco, sono stati arrestati insieme ad altri membri del parlamento in seguito a un’incursione della polizia nelle loro abitazioni e accusati di appoggiare e favoreggiare il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), su cui pendono accuse di terrorismo.
Il ministro della Giustizia Bekir Bodzağ ha spiegato che gli arresti sono giunti in seguito al rifiuto degli inviti del tribunale a testimoniare, risalenti a mesi prima, poco dopo l’abolizione della loro immunità in parlamento. Il primo ministro Binali Yıldırım ha assicurato che “chi è stato eletto se ne andrà solo in seguito ad altre elezioni”, ma ha anche aggiunto che “chi è stato eletto e poi coinvolto nel terrorismo deve essere ritenuto responsabile”. Queste parole sono arrivate in risposta alla reazione del leader del Partito Repubblicano del Popolo, Kemal Kılıçdaroğlu, che ha affermato che il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) sta portando la Turchia su “una strada pericolosa”.
I restanti membri dell’HDP hanno tenuto una conferenza stampa durante la quale il portavoce Ayhan Bilgen ha sottolineato che “l’azione sincronizzata di quattro procure in quattro province” dimostra che la mossa non è legale ma politica, e ha promesso che l’HDP non si arrenderà. Il deputato HDP Sırri Süreyya Önder, rilasciato dopo essere stato interrogato dalla procura, ha affermato che la mossa è stata un “colpo contro la volontà politica del popolo”. I deputati dell’HDP hanno più tardi tenuto un incontro con gli ambasciatori dei Paesi europei ad Ankara, dopo che Bruxelles ha espresso la sua preoccupazione per gli arresti e le detenzioni.
Gli arresti dei co-presidenti e dei membri dell’HDP sono l’ultimo capitolo del cronico problema curdo in Turchia, ma sono andati ben oltre. Con gli arresti, la leadership di un partito di opposizione è stata incarcerata. Questi membri del Parlamento, insieme ad altri partiti, si sono opposti al sanguinoso colpo di Stato del 15 luglio, ma apparentemente questo non ha alcun valore agli occhi del governo, che continua ad asserire che sia stato il tribunale a predisporre gli arresti, avulsi da motivazioni politiche. Tuttavia questa pretesa non è sufficiente, alla luce del fatto che il Presidente dell’Alto Consiglio dei Giudici e dei Procuratori (HSYK) è lo stesso ministro della Giustizia Bozdağ. L’unica voce dissidente dell’AKP è quella di Mehmet Ali Şahin, il precedente ministro della Giustizia del partito, che ha detto che l’arresto di politici senza prove di colpevolezza è sbagliato.
Ormai l’arresto di politici all’opposizione non è un episodio isolato di regressione nella vita democratica turca: la detenzione di sempre più giornalisti e scrittori, come nel caso del noto quotidiano dell’opposizione Cumhuryet, le richieste di reintrodurre la pena di morte, l’avvertimento che queste mosse possano mettere a repentaglio i già deboli legami con l’Unione Europea, sono tutti sviluppi che acuiscono il senso di pessimismo in politica.
Tutti questi sviluppi si svolgono all’ombra dei dibattiti sulla possibilità di passare da un sistema politico parlamentare a uno presidenziale attraverso una nuova Costituzione, come è stato a lungo auspicato dal presidente Erdogan. Non è un caso che il passaggio a un sistema presidenziale e il ripristino della pena di morte siano stati discussi in un incontro privato tra Erdogan e il capo del Partito del Movimento Nazionalista (MHP) Delvet Bahçeli il 3 novembre. L’MHP sta da tempo facendo pressione sia per l’arresto dei deputati del HDP, da loro considerati un’estensione legale del PKK, sia per la reintroduzione della pena capitale.
Murat Yetkin è un giornalista ed editorialista turco.
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