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La situazione delle minoranze nel Medio Oriente: il test per i futuri governi

Ashraf Abu Jalal ( Elaph – 16/05/2012). Traduzione di Silvia Di Cesare

Quando quest’anno il pastore del Vangelo, il Patriarca della Chiesa Maronita in Libano ha descritto  la Siria come “ciò che di più vicino  c’è alla democrazia” nel mondo arabo, e quando Ignazio IV Hazim, patriarca di Antiochia e dei cristiani greco ortodossi in Siria ha elogiato il brutale regime di Bashar al Assad per le riforme da lui effettuate, questo non rappresentava una deviazione degli uomini di religione dall’escatologia. Con questo essi hanno cercato di fornire una soluzione, anche se inesatta, al disagio dei cristiani arabi nei confronti della rivoluzione siriana contro il regime.

A questo proposito, il giornale britannico Financial Times ha indicato che la situazione in Siria è molto diversa da quella degli stati della regione che hanno vissuto le conseguenze della primavera araba, in Siria ciò che preoccupa maggiormente i leader arabi è la presenza nel paese del maggior numero minoranze religiose di tutto il Medio Oriente.

Il Finacial Times ha rilevato come la possibilità di un rovesciamento della minoranza Alawita che governa la Siria, attraverso la famiglia Assad, da più di quattro decenni, rappresenta la preoccupazione maggiore per i leader della regione. Una situazione del genere porterebbe alla comparsa di demoni settari che minacciano i gruppi minoritari presenti nella zona.

Il giornale ha ricordato a questo proposito i momenti di estrema sofferenza vissuti dall’Iraq dopo l’invasione americana del 2003, e i massacri etnici e settari che vi hanno seguito sia nel paese nella regione tutta. Pertanto il giornale afferma che queste rivoluzioni avranno il compito di ricostruire da capo le istituzioni statali partendo da uno stato di diritto e terminando con la cultura del pluralismo politico, se vogliono uscire vittoriose dalla rivoluzione. Il giornale afferma che il test più grande che il risveglio arabo dovrà affrontare è quello che riguarda le minoranze e il grado di equità sociale che i nuovi governi riusciranno a garantirle; specialmente in paese come la Siria caratterizzata da un tessuto di comunità e gruppi etnici molto fragili.

Nel proseguire l’articolo mette in guardia dal pericolo che le minoranze (cristiani, alawiti e drusi) possono diventare un bersaglio dei fuochi della più generale lotta regionale interna all’Islam tra sunniti  sciiti. L’articolo afferma che gli sciiti, riconosciuti dai musulmani di tutto il mondo come una minoranza per sei secoli, hanno mobilitato negli ultimi trent’anni una vera forza, non solo in Iraq.

La caduta dei regimi totalitari di Tunisia, Egitto e Libia avvenuta l’anno scorso rende la situazione ancora più instabile, facendo spazio all’ascesa dell’Islam politico, nella forma dei Fratelli Musulmani che rappresentano il gruppo più antico e meglio organizzato tra i musulmani sunniti del mondo arabo.

I cristiani guardano al movimento islamico come ad un salto nell’ignoto. Citando il vescovo Boulos Matar, arcivescovo dei maroniti di Beirut, essi affermano che: “Quando gli islamisti saranno al potere, porteranno con loro idee che appartengono al Medioevo o una nuova idea di uguaglianza?”. Anche il leader druso, Walid Jumblatt, esprime la sua preoccupazione per la possibilità che all’interno della battaglia tra sunniti e sciiti le minoranze verranno a trovarsi tra due fuochi.

Egli ha continuato dicendo che “il ruolo politico dei drusi è finito, e ciò vale anche per i cristiani. L’attenzione delle minoranze si concentrerà d’ora in poi sugli sciiti, soprattutto in Libano, dove Hezbollah controlla maggior parte del paese”. A riguardo Falah Mustafa, capo del dipartimento di relazioni internazionali del governo regionale del Kurdistan, ha dichiarato che l’Iraq si sta ancora una volta trasformando in un inferno, a causa del confronto tra il governo di Al Maliki, sempre più autoritario, e la minoranza araba sunnita.

Il risultato di questa battaglia politica è che Al Maliki appoggia il regime di Bashar al Assad, per paura che i Fratelli Musulmani prendano il potere in Siria. Il Financial Times prospetta per le minoranze, esposte ad un rischio ben più forte di quello della minoranza sciita, due approcci contrastanti: o aggrapparsi ad un regime che le assicuri sicurezza e protezione, o  affrontare il rischio della crescita dell’islamismo, eventualità quest’ultima che mette in pericolo la prospettiva di costruire uno stato caratterizzato dalla piena libertà di culto.

In Siria il regime di Assad gioca la carta del settarismo, per questo si rivolge alle minoranze cristiana e drusa suggerendogli di stare al suo fianco, poiché qualora egli dovesse cadere, loro riceveranno la stessa sorte.

Frangieh Samir, pensatore appartenente alla corrente del centro-sinistra, membro di un’importante famiglia maronita del Libano, ritiene che il cuore della questione risieda nel fatto che per la prima volta si è davanti ad un tentativo reale di costruzione di un percorso islamico verso la democrazia e i cristiani scelgono di stare con gli imperatori del mondo arabo.

Torna a dire Boulos Matar che “L’unica garanzia per le minoranze è lo stato di diritto: processi giusti, diritti civili, diritti per le minoranze, e la possibilità di essere un cittadino all’interno di uno Stato che rispetta queste libertà”, concludendo il suo discorso rilevando che la finestra di opportunità rimane aperta per il risveglio arabo.