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La Siria tra il dolore del suo popolo e la necessità di una tregua

Bandiera siriana Siria

Di Elias Khoury. Al-Quds al-Arabi (21/06/2016). Traduzione e sintesi di Laura Formigari.

Non sorprendono le notizie sull’irrigidimento dei  rapporti tra il regime di Bashar al-Assad e il suo protettore russo e tra l’esercito di regime e i suoi alleati iraniani, esse risuonano insieme all’intensificazione militare che colpisce le forze islamiche di opposizione e alla tensione tra Arabia Saudita, Stati Uniti e Turchia. Tutti sono in un tunnel e nessuno ha una soluzione reale perché qualunque soluzione si scontrerà con l’insistenza del “piccolo” dittatore di rimanere al potere.

A cinque anni dalla rivolta popolare contro la tirannia, la Siria è ancora di fronte allo stesso problema. Dopo centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi e sfollati, Bashar al-Assad si comporta come se nulla fosse, ha messo e continua a mettere a ferro e fuoco il paese e a brandire il suo noto slogan: “O Assad o nessuno!”. Egli è un semplice fantoccio nelle mani di attori regionali e internazionali.

Qualsiasi soluzione alla guerra deve affrontare il dolore siriano che ha toccato il cielo ed è senza fondo, il dolore di un popolo logorato dalla morte, dalla fame, dalla povertà, dall’esodo e dall’umiliazione; un tragedia che racchiude in sé tutte le tragedie arabe. Questo dolore ci getta nella più grande disperazione e nella consapevolezza dell’assurdità della Storia araba che intrappola i nostri popoli in una rete di morte.

Le rivolte popolari in Siria sono scoppiate in un clima di ottimismo sull’onda rivoluzionaria nata in Tunisia, che ha inondato l’Egitto, la Libia e il Bahrein rovesciandosi sull’intero mondo arabo. Era chiaro che la società civile siriana, che si era sollevata in maniera spontanea, non possedeva un piano di organizzazione per guidare la rivoluzione, né un piano politico chiaro, democratico e articolato sulla giustizia sociale. Questo ha spianato la strada alla contro-rivoluzione il cui piano, fin dall’inizio, era richiamare forze esterne alla Siria e trasformare il suo territorio in un campo di battaglia. Il regime tirannico ha cercato rifugio nel suo alleato di sempre, l’Iran, e nella Russia che sogna un ritorno alla sua gloria imperiale, mentre l’esercito libero iniziava a sgretolarsi e assottigliarsi di fronte al denaro del Golfo, all’influenza turca e al tradizionalismo islamico nelle sue varie forme.

La lettura dell’arena di sangue in Siria conduce a una prima deduzione: le forze regionali sono ostili alla democrazia, una sanguinosa barbarie ha preso il sopravvento su un civile progetto democratico svuotando la politica siriana del suo stesso popolo diventato vittima delle continue ondate di repressione del regime e di Daesh (ISIS). L’orizzonte democratico è stato derubato dalle forze regionali, che hanno sedotto l’opposizione armata, e dall’apparizione del fantasma di Daesh che porta avanti il suo crudele piano.

Chi combatte in Siria vuole una guerra permanente e la risposta a questo è che le forze democratiche nel paese e nel mondo lavorino per un cessate il fuoco con l’opinione pubblica locale, araba e internazionale che facciano pressioni per la sua realizzazione. Nel momento in cui verrà interrotta questa crudele macchina da guerra, i siriani inizieranno il lungo cammino per ricostruire il loro paese contro tutte le forze che oggi prevalgono su di loro. 

Elias Khoury è uno scrittore libanese.

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