Di Rania Mustafa. Al-Arab.co.uk (23/06/2019). Traduzione e sintesi di Alessandro Tonni.
Il vertice tripartito sulla sicurezza tra Russia Israele e Usa a Gerusalemme Ovest è ormai alle porte. Per il momento, è in atto una grossa polemica sulla situazione di Gerusalemme e sulla soluzione nel Medio Oriente. L’incontro è stato chiesto da Israele con il beneplacito degli americani.
Stando a quanto sembra, lo scopo del vertice è potenziare la sicurezza israeliana, aprire la strada a delle soluzioni sulla questione siriana e sulla regione in generale, secondo interessi condivisi tra Israele ed Usa.
La Russia, posta in mezzo tra israeliani e americani, vuole far valere le sue ragioni nel processo di penetrazione in Siria e in quello relativo alla risoluzione della crisi siriana.
Allo stesso modo, nel corso della sua visita a Mosca alla fine del marzo scorso, il premier israeliano Netanyahu, ha proposto la formazione di “un gruppo congiunto che gestisca la procedura di ritiro di tutte le forze straniere sul suolo siriano”, facendo preciso riferimento alle milizie iraniane. Mosca ha dato il suo assenso al vertice tripartito, senza dare segno di avere accettato l’agenda congiunta tra Israele e Usa. Diversamente, l’aspettativa dei russi è quella di dare un nuovo corso ad una stabilizzazione che prosegua gli sviluppi avviati col vertice di Astana, specie dopo il fallito conseguimento di un successo militare ad Idlib e del mancato raggiungimento di una risoluzione politica.
Inoltre, i russi non sono riusciti a convincere favorevolmente la comunità internazionale, specie europei e arabi, a partecipare in comune alla ricostruzione. Infatti, questi soggetti in questione, non hanno mai cessato di uniformarsi all’atteggiamento inflessibile degli americani a proposito di una compartecipazione condivisa nella ricostruzione o in merito alla questione della normalizzazione e della rimozione delle sanzioni che pendono sul regime di Damasco, senza aver prima concordato un processo politico.
Sin dai tempi dell’intervento militare russo in Siria nell’autunno del 2015, Iran e Siria erano pienamente unanimi a supportare l’autorità del regime di al-Asad su vaste parti di territorio siriano, ed infatti l’Iran aveva inserito le sue milizie ed aveva supportato quelle locali, con una copertura aerea russa di fuoco. Inoltre, Teheran, fin da quando il regime di al-Asad aveva iniziato ad incrinarsi, aveva finanziato Damasco economicamente ed aveva messo a disposizione una linea di credito e approvvigionamenti petroliferi.
Al di là delle divergenze e delle rivalità, le relazioni erano forti tra i due alleati Russia e Iran, assieme alla Turchia, all’interno della cornice dell’intesa di Astana, anche quando appariva chiaro che la Russia preferiva convivere con queste divergenze, visto che era il partner egemone, laddove invece il regime di Khamenei soffriva pressioni economiche politiche e minacce militari. Tuttavia, l’inflessibile insistenza di israeliani e americani in relazione ad un ridimensionamento del coinvolgimento iraniano in Siria ha spinto i russi a tenere l’Iran come una preziosa carta da scambiare per acquisire altri vantaggi.
Mosca non vuole una guerra con l’Iran per rovesciare il suo regime, né la rimozione dell’embargo e delle sanzioni economiche Usa che gravano sugli iraniani, per poi aumentare l’influenza americana nella regione. Piuttosto, utilizza il diritto di veto nel Consiglio di sicurezza di fronte alla prospettiva di qualunque progetto di escalation militare nell’area. L’Iran si è indebolito ed il suo completo assedio è una carta preziosa che i russi tengono ben stretta con destrezza politica, se si considera che americani israeliani e arabi hanno intensificato l’aggressività militare contro Teheran.
L’Iran può solo usufruire del raggiungimento di una stabilizzazione in Siria secondo le condizioni dettate dai russi. La Russia, invece, deve giocare questa carta con atteggiamento diplomatico, cercando una intesa con gli iraniani, soprattutto quando il coinvolgimento iraniano impone di accettare una ritirata dalla Siria e di accontentarsi di una sfera di influenza in Iraq di fronte a quella degli americani.
Rania Mustafa è una giornalista siriana. Scrive articoli culturali sulla testata al-Jadeed Magazine e articoli di approfondimento politico sulla rivista ar-Raafed.
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