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La prossima Intifada: una lotta contro i bantustan

Palestina intifada
Palestina intifada

Di Jamal Juma. Middle East Eye (09/10/2015). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Gli ultimi giorni in Palestina hanno evocato le immagini della prima Intifada. Le cause profonde di questa ribellione sono le stesse di sempre: occupazione, apartheid e colonialismo che rendono ai palestinesi la vita insopportabile. Tuttavia, ci sono delle differenze significative e le azioni della nuova milizia dei coloni determineranno quando, e non se, esploderà un’Intifada su ampia scala.

La differenza più evidente è il ruolo di primo piano rivestito dai coloni israeliani negli attacchi contro i palestinesi. La popolazione dei coloni è diventata una milizia ben armata, ben organizzata e con forti basi ideologiche che ha condotto numerosi attacchi terroristici contro i palestinesi, con il sostegno d’Israele che le ha praticamente lasciato fare il lavoro sporco dell’occupazione e della repressione in Cisgiordania. L’interesse dei coloni, come pure quello dell’establishment politico, è espellere il maggior numero possibile di palestinesi da Gerusalemme e dal resto della Cisgiordania nei Bantustan murati che hanno creato. Il miglior modo per riuscirci è concentrare la pressione fuori da essi.

Queste politiche impattano sulla resistenza palestinese. I palestinesi sotto minaccia immediata di pulizia etnica sono all’avanguardia delle proteste. I giovani palestinesi di Gerusalemme continuano la loro missione: “scrollarsi di dosso” l’opprimente presa israeliana. Niente li intimidisce: né le uccisioni a bruciapelo, né la nuova legge che punisce il lancio di pietre con un massimo di 20 anni di reclusione.

Semmai, la repressione sempre più acuta è la ragione per cui i giovani palestinesi di Gerusalemme sono spesso i responsabili degli attacchi più violenti. L’Intifada è iniziata con il brutale omicidio di Mohammed Abu Khdeir. Nel resto della Cisgiordania, si sono alternate periodiche ondate di proteste. Nell’ultima settimana, sette giovani sono stati uccisi e quasi 800 palestinesi sono stati feriti. I palestinesi all’interno della Linea Verde, che affrontano un razzismo violento, l’apartheid istituzionale e le politiche di pulizia etnica, hanno organizzato le proteste nelle loro città.

I palestinesi residenti in zona A in Cisgiordania, ad eccezione dei campi profughi, finora si sono tenuti alla larga dalla mobilitazione. Per molti di loro, la totale assenza di una leadership politica pesa ancora troppo per poter essere coinvolti. Né l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), né i partiti politici palestinesi sono in grado di fornire una strategia di fronte all’opposizione israeliana a uno Stato palestinese. L’attuale ondata di proteste non è rivolta solo a Israele. Le loro proteste esprimono nel complesso anche il desiderio di porre fine a una rappresentanza inefficace e inetta.

L’ANP è a conoscenza di questa rabbia. Nel suo recente discorso  all’ONU, Abu Mazen ha detto che le politiche israeliane minacciano la struttura e la stessa esistenza  dell’Autorità Nazionale Palestinese; questo non era altro che un appello a Israele e ai suoi sostenitori a non erodere completamente la capacità dell’ANP di esercitare il suo controllo nel bantustan dell’area A. L’attuale ondata di proteste può anche servire a sottolineare il fatto che l’ANP è centrale per il piano di Israele: pulizia etnica e  bantustanizzazione della Cisgiordania. Tuttavia, la condivisione del potere tra l’occupazione israeliana e l’ANP come garante della stabilità nella zona A non durerà perché per mantenere una minimo di credibilità l’Autorità Nazionale Palestinese deve quantomeno imitare un movimento di liberazione nazionale.

L’intero contesto politico, sociale ed economico sta preparando la popolazione palestinese a questa rivolta. I sostenitori della soluzione dei due Stati hanno perso le speranze in uno Stato palestinese. La situazione economica continua a deteriorarsi rapidamente. La disoccupazione aumenta e così sale alle stelle anche la disperazione. Le persone cercano dignità e un futuro per se stesse, cercano la libertà e l’indipendenza per la propria nazione e sono disposte a pagarne il prezzo. I giovani sono i protagonisti di questa ribellione. Con ogni ondata di proteste stanno costruendo le nuove basi della resistenza.

Jamal Juma è coordinatore della campagna  Palestinian Grassroots Anti-Apartheid Wall dal 2002 e, dal 2012, è anche coordinatore della coalizione Land Defence. I suoi articoli sono tradotti in molte lingue.

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