Dentro l'arabo I Blog di Arabpress

La Primavera Araba e le parole dialettali che entrano nell’uso comune

Di Raed Omari. Al-Arabiya (31/01/2014). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

A tre anni dal suo inizio, la Primavera Araba mostra anche i suoi risvolti linguistici: parole, neologismi ed espressioni particolari hanno dato una certa connotazione al racconto delle proteste. Lungi dal porsi come mera retorica (socio-)linguistica degli eventi, questo vuole essere solo un tentativo di mettere in luce come il linguaggio abbia giocato un ruolo nel plasmare il discorso politico sull’ondata di rivolte nei diversi Paesi arabi.

Si nota anzitutto come parole arabe dialettali siano state prese in prestito dalle realtà locali per descrivere concetti legati alle politiche anche degli altri Paesi arabi, creando una sorta di “discorso arabo collettivo”. L’esempio più lampante è l’uso della parola egiziana baltaji (scagnozzi, riferito ai sostenitori del deposto presidente Hosni Mubarak), che è stata usata in altri Paesi arabi legati perciò ad altri dialetti e situazioni di rivolta, per esprimere la stessa connotazione che la parola ha in Egitto.

La parola è apparsa anche nella stampa della Giordania, che utilizza di norma l’arabo standard, e lo stesso è avvenuto per l’altra parola egiziana emblema delle rivolte: felool (i ‘resti’ di un esercito sconfitto, riferito ai posti occupati ancora dai vecchi uomini di Mubarak pur dopo la sua deposizione). La stampa giordana ha usato le due parole egiziane nei suoi titoli anche senza l’uso di virgolettati, per quanto è ormai divenuta di uso comune.

Sia in Giordania che in Yemen, le due parole egiziane sono state prese in prestito nella retorica anti-governativa. Quello che colpisce è che, seppure in Giordania non si siano verificati duri scontri tra le parti, gli oppositori ed i sostenitori del governo hanno spesso utilizzato i due termini (baltaji, felool) per descriversi gli uni gli altri. A sua volta, in Giordania, si è fatto largo uso della parola hirak (ogni grande rivolta popolare) per descrivere le proprie proteste.

Se pensiamo poi alla parola shabiha presa in prestito dal dialetto siriano, che si riferisce alle milizie civili che sostengono Bashar al-Assad, notiamo a volte casi in cui viene usata come sinonimo del termine egiziano baltaji. Questo, tuttavia, avviene raramente e con cautela, per via della brutalità e della violenza omicida del gruppo armato.

Insomma, tutte queste parole dialettali arabe, ed altre, mostrano come nella Primavera Araba si siano date delle connotazioni precise a certi termini, che col tempo hanno creato un’immagine ben stereotipata ora riconoscibile anche lontano da dove è venuta alla luce.

Vai all’originale