Di Sameer Zapen. Al-Araby al-Jadeed (20/11/2016). Traduzione e sintesi di Laura Cassata.
Negli ultimi tre decenni, ci si è interrogati più volte sulle ragioni della dissociazione tra il discorso politico e la realtà nel mondo arabo. In molti casi, tale divario è stato considerato il mezzo per sottomettere ulteriormente i cittadini, che finiscono per elogiare ciò che è falso. Alla luce di questa realtà, non è strano imporre al popolo di festeggiare la realizzazione dello sviluppo, nonostante un aumento degli indicatori di povertà, oppure di celebrare i risultati scientifici all’apertura di una nuova scuola in un villaggio, nonostante il deterioramento del processo educativo. Il popolo ha finito col celebrare la democrazia nonostante i peggiori tipi i dittatura.
Ma come è possibile che la politica araba sia giunta a un tale livello di deterioramento e schizofrenia?
Le trasformazioni della politica araba, dal colonialismo alla vigilia della primavera araba, spiegano tale stato di degrado. Durante la colonizzazione, i movimenti di liberazione hanno spinto verso l’indipendenza, dall’altra parte le autorità coloniali concedevano un piccolo margine di libertà di espressione, una sorta di valvola di sfogo per le tensioni sociali interne.
All’indomani dell’indipendenza, i governatori nazionali hanno ridotto la partecipazione popolare nelle decisioni politiche, poiché considerata come un ostacolo per il controllo della politica nazionale.
In virtù della fragilità dei nuovi sistemi nazionali, la critica è stata percepita come un pericolo imminente. I neonati Stati non avevano bisogno del pluralismo politico e della democrazia, bensì dell’unità nazionale, al fine di preservare la loro indipendenza.
Tutto ciò ha condotto alla militarizzazione della politica. I numerosi colpi di Stato, di cui la regione è stata testimone, hanno portato a una definitiva confisca della politica da parte dei militari stessi. Lo Stato non era più servitore del popolo, ma il popolo dello Stato.
Il silenzio, che le autorità chiamano stabilità, ha permesso sempre un maggiore controllo della società e nessuna voce al di fuori del sistema dominante è consentita.
Bisogna precisare, però, che dalla stessa argilla da cui sono nati i regimi sono nati anche i movimenti religiosi estremisti.
La strada intrapresa da questi gruppi mostra non solo la cancellazione della partecipazione politica, ma anche il deterioramento delle condizioni socio-economiche, che crescenti segmenti di popolazione sperimentano ogni giorno. Negli ultimi due decenni, una generazione disperata non ha visto alcuna strada verso il futuro, non ha trovato di fronte a sé alcuna scelta o possibilità. Questo è stato un terreno fertile per la nascita di movimenti terroristici ed estremisti.
La società araba è stata svuotata della sua forza vitale e privata della capacità di esprimersi attraverso l’obbligo di conformarsi. Non è strano dire, dunque, che il discorso politico arabo nasce lontano da ogni realtà e con essa si scontra.
Sameer Zapen è uno scrittore e romanziere palestinese.
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