Di Kamal Abdellatif. Al-Arabi Al-Jadid (14/09/2017). Traduzione e sintesi di Veronica D’Agostino.
L’iniziativa lanciata dal presidente tunisino, Beji Caid Essebsi, riguardante la stesura del progetto di legge per ottenere la parità tra uomo e donna in materia d’eredità, ha suscitato un ampio dibattito nel quale sono state pronunciate parole e sono state prese posizioni che ci riconducono alla netta divisione tra conservatori e modernisti. Nonostante l’Islam politico non si sia ancora pronunciato a riguardo, è chiaro che l’iniziativa è in linea con le scelte di quella che è la cultura e la società tunisina di oggi.
L’iniziativa è frutto dell’eredità lasciata dagli illuminati del pensiero riformista arabo-tunisino, come Tahar Haddad che, nel suo libro intitolato “la nostra donna nel diritto e nella società” (1930), difende la necessità di interpretare le leggi religiose riguardanti il martirio, l’eredità e la custodia, al fine di aprire la strada a una nuova giurisprudenza; oppure Habib Bourguiba, il quale ha promosso importanti iniziative nel campo della modernizzazione della società tunisina; senza dimenticare infine il modernista Hicham Jouait il quale, nel suo lavoro dal titolo “L’identità e il destino arabo-islamico” (1978), sottolinea che la liberalizzazione legislativa delle donne tunisine è legata allo sviluppo interno e ai cambiamenti della società stessa.
La riforma legislativa sullo status personale, quella sul matrimonio e quella sull’eredità, aderiscono tutte al principio di uguaglianza tra i membri della società senza discriminazioni di genere e fanno parte di una serie di battaglie legate allo sviluppo del sistema legislativo ereditato, imposte dalle trasformazioni in atto nella maggior parte delle società arabe.
Quelli che hanno criticato l’iniziativa hanno parlato di “tempo minato”, di “reclutamento elettorale”, di “modernizzazione estrema e forzata” della condizione delle donne tunisine, nonché di “imposizione esterna”, dimenticando le lotte portate avanti dalle stesse tunisine per espandere il proprio spazio di libertà. Nonostante l’impegno di quest’ultime, come pure tutti i risultati ottenuti da parte patrioti tunisini durante la colonizzazione e poi da Habib Bourguiba, con la sua legge sullo status personale (1958), oggi siamo comunque difronte alla cristallizzazione di decine di associazioni umane e sociali all’interno dello spazio d’azione femminile tunisino. La presenza femminile in questi spazi ha contribuito alla riabilitazione e all’educazione della società affinché lo stereotipo delle donne non rimanga uno standard assoluto, ma venga sostituito da nuovi atti, lasciando spazio all’azione e all’innovazione.
In questo senso, fondamentale è il ruolo che svolgono le organizzazioni della comunità internazionale nell’ambito di vari progetti che includono la promozione della condizione della donna, al fine di raggiungere una solidarietà internazionale che tenga conto dell’eredità umana e delle sue aspirazioni verso lo sviluppo e il progresso.
L’uguaglianza nella partecipazione sociale, poi, è il risultato di una lunga serie di azioni avvenute in Tunisia e nella maggior parte delle società arabe dove, durante la seconda metà dello scorso secolo, nuove donne si sono battute per promuovere la causa femminile dando vita a partiti politici, organizzazioni della società civile, sindacati, enti professionali e centri di ascolto per le donne, e agendo in prima linea per quanto riguarda le decisioni politiche.
Sebbene dunque, siamo consci del fatto che la parità di genere sia difficile da ottenere per evidenti ragioni storiche e culturali a tutti ben note, è pur vero che questa deve essere possibile e soprattutto necessaria poiché, proprio come ha affermato Hicham Jouait, si tratta di “una necessità etica”.
Kamal Abdellatif è docente, scrittore e membro dei comitati di premi culturali nei centri di ricerca arabi e nelle università del Marocco e all’estero.
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