La morte di Giulio Regeni e la tragedia della ricerca scientifica in Egitto

Di Khaled Fahmy. Huffington Post Arabi (06/02/2016). Traduzione e sintesi di Federico Seibusi.

L’uccisione dello studente italiano Giulio Regeni rappresenta sicuramente una minaccia reale per le relazioni politiche ed economiche italo-egiziane, in quanto l’Italia è il maggior partner economico europeo dell’Egitto.

Nonostante vi siano importanti ripercussioni fra le relazioni italo-egiziane, le connotazioni di questo grave incidente riguardo la ricerca scientifica in Egitto non sono di meno importanza. Perciò la morte di Giulio, in questo modo efferato, avrà sicuramente gravi conseguenze sulla reputazione del paese e sulla sua capacità di attirare ricercatori e studiosi, in aggiunta a ciò che rappresenta un esempio lampante del rischio che minaccia i ricercatori egiziani e stranieri.

Su questo aspetto il Comitato per la Libertà Accademica dell’Associazione per gli Studi nel Medio Oriente (Mesa) ha sottolineato che la morte dello studente è il più recente e più grave esempio del pericolo che affrontano coloro che lavorano nel contesto accademico egiziano a causa del clima politico. Inoltre, ha affermato che vi sono numerose violazioni della libertà accademica e della libertà di opinione e che questa morte è la conseguenza del crescente fenomeno di repressione su studenti e professori.

Questa triste situazione è caratterizzata anche dalla repressione delle voci che condannano la situazione pericolosa all’interno di università e istituzioni culturali e che rivendicano la conquista del principio di libertà accademica e la sua difesa, poiché la libertà accademica e di opinione richiede una costante vigilanza e difesa valorosa contro i tentativi che la minacciano con il pretesto di preservare la società o di difendere la sicurezza nazionale.

I pericoli che minacciano la libertà accademica in Egitto sono più alti di quelli in altri paesi, non solo per la sospensione dei diritti causata dalla “guerra al terrorismo”, ma anche per la mancanza di voci che difendono la libertà accademica con l’aumento parallelo di altre voci che la come un lusso o persino come un male. Con questa mancanza di difesa della libertà accademica si è creato un apparato che domina tutti gli aspetti accademici come mostrano le restrizioni maggiori dei funzionari di sicurezza nei campus universitari. Infatti, è noto che ogni ricercatore che deve condurre studi di ricerca nel campo sociale deve ricevere il permesso da parte dell’Agenzia Centrale di Mobilitazione pubblica e Statistica e questo tipo di restrizioni si applica a tutti i ricercatori egiziani anche all’interno delle università pubbliche. Dunque, possiamo immaginare quale sia stata la posizione di sicurezza di uno studioso straniero, come Giulio, che parla correntemente arabo e che si scopra condurre studi sui lavoratori e sui sindacati dopo la Rivoluzione di Gennaio.

Non si conoscono le precise circostanze in merito alla morte di Giulio, la quale mostra in modo tragico l’assenza di diritto da parte degli studiosi e ricercatori in Egitto. È vero che la Costituzione garantisce nell’articolo 21 l’indipendenza dell’Università e nell’articolo 23 la Libertà della Ricerca scientifica, ma la realtà mostra la predominanza continua della sicurezza con una conseguente violazione dei diritti costituzionali, poiché i ricercatori e gli studiosi sono diventati vulnerabili ai dubbi, ai capricci e alla violenza degli uomini della sicurezza.

Sicuramente, i servizi di sicurezza hanno il dovere di investigare e raccogliere informazioni su ciò che accade nel paese e hanno responsabilità numerose nell’affrontare i pericoli che circondano il paese. Ma questi servizi devono agire all’interno della cornice costituzionale e giuridica oltre e essere oggetto di controllo e responsabilità sociale. I servizi di sicurezza devono accettare la ricerca scientifica come strumento per questioni sensibili e difficili che possano portare verso strade nuove.

Dunque, c’è la necessità di tutelare maggiormente le università e le istituzioni scientifiche. Lo Stato e la società devono considerare la ricerca come una necessità e che la libertà accademica sia fondamentale per il rinnovamento sociale. Tutti gli accademici devono aderire al principio della libertà accademica e devono chiedere alle istituzioni dello Stato di non reprimerli e controllarli, ma di aiutarli nel loro operato e facilitare i loro doveri. Senza questa adesione alla libertà di ricerca ed espressione, gli egiziani e gli stranieri diventano vulnerabili a un destino sanguinoso e tragico come quello che ha subito Giulio Regeni.

Khaled Fahmy è un professore e direttore del Dipartimento di Storia presso l’Università Americana del Cairo (AUC). È anche membro dell’Associazione per gli Studi nel Medio Oriente (MESA), dell’Associazione Storica Egiziana e dell’Associazione Storica Americana.

Link all’originale

I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *