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La lotta politica della Turchia contro il terrorismo

Bandiera Turchia

Di Verda Ozer. Hurriyet Daily News (20/02/2016). Traduzione e sintesi di Ismahan Hassen.

Milizie, organizzazioni terroristiche e centinaia di gruppi di opposizione si sono moltiplicati in Siria mescolandosi tra loro. In questa mischia, un numero considerevole ha interessi in un conflitto con la Turchia. Che cosa può fare Ankara di fronte a questa nuova realtà? Qual è il modo migliore per difendersi?

Non c’è alcuna possibilità che la Turchia possa intraprendere un’azione militare unilaterale, anche se fosse disposta a farlo, non sarebbe in grado di cambiare l’equilibrio dei poteri sul terreno. Perché? Prima di tutto, da quando la Turchia ha abbattuto un jet russo, il 24 novembre scorso, agli aerei turchi è stato proibito sorvolare sopra la Siria a causa di un potenziale conflitto con la Russia. Inoltre, la Siria è quasi completamente sotto l’influenza russa in questo momento e Mosca vuole vendicarsi della Turchia. A peggiorare il tutto, c’è poi il fatto che tutta la questione non cessa di essere un elemento di interesse anche per gli USA. Questo è ciò che lega mani e piedi alla Turchia. Ma la situazione non è così disperata, la Turchia potrebbe condurre una lotta politico-diplomatica per fronteggiare questo status quo. E questo è quello che Ankara sembra stia cercando di fare.

Dal momento che i funzionari turchi hanno dichiarato che l’autore dell’attacco di Ankara sarebbe un membro dell’Unità di Protezione Popolare (YPG), hanno così cominciato a fare pressione sugli Stati Uniti, affinché taglino il loro sostegno al Partito dell’Unione Democratica (PYD).

Questa richiesta evidente, sembra aver fatto eco a Washington. Nella retorica del Stati Uniti verso il PYD, c’è infatti stato un palese cambiamento ultimamente. La scorsa settimana, il portavoce del Dipartimento di Stato, Mark Toner, ha pubblicamente dichiarato che tutti i movimenti dell’YPG nella parte nord-occidentale della Siria sono controproducenti e minano gli sforzi collettivi per sconfiggere Daesh (ISIS). Così gli Stati Uniti sembrano aver adottato una nuova retorica,che per la prima volta nella storia prende in considerazione i “punti sensibili” della Turchia, criticando l’YPG. Sebbene Washington potrebbe star “minacciando” il PYD, questo non significa che gli Stati Uniti taglieranno definitamente il loro sostegno.

Questo è il motivo per cui la Turchia ha bisogno di trovare una soluzione sostenibile per superare il blocco creatosi. L’unico modo per raggiungere questo obiettivo è quello di scindere il PYD e l’YPG. Ankara ha cominciato ad esercitare questa politica fin dalla scorsa estate, quando il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha riavviato i suoi attacchi terroristici in Turchia. Se oggi Ankara resta ferma nel dissociare il PYD dal YPG, ciò impedirebbe che Assad, la Russia e l’Iran possano utilizzare il PYD come una carta vincente contro la Turchia, e potrebbe spianare la strada ad una cooperazione con gli Stati Uniti, e tagliare il supporto del PYD al PKK, che a sua volta ridurrebbe le minacce alla sicurezza interna della Turchia.

La recente dichiarazione rilasciata da Salih Muslim, co-presidente del PYD, subito dopo l’attentato ad Ankara implica la possibilità di un cambiamento di rotta: “La Turchia non è mai stata e mai sarà nemica [del PYD]”. Poi, in riferimento al leader del PKK, Cemil Bayik, che ha dichiarato che “questo attacco potrebbe essere in rappresaglia agli attacchi del Kurdistan”, Muslim avrebbe risposto che non è negli intenti del’PYD interferire negli affari interni della Turchia e condurre attacchi di questo tipo. In altre parole, Muslmi ha così chiaramente messo una distanza tra il PKK e l’YPG.

Al di là di tutto questo, la guerra in Siria rende la Turchia esposta a tali attacchi terroristici e spiana anche la strada per “incidenti”, come le violazioni di confine della Russia. Questo è esattamente il motivo per cui la Turchia deve fare del suo meglio e spingere per una soluzione politica in Siria, al più presto possibile.

Verda Ozer è un’editorialista per Hurriyet Daily News. È inoltre membro del German Marshall Fund e dell’Istanbul Policy Center.

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