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La Libia e il cancro del terrorismo

Libia

Di Mohamed al-Ashab. Al-Hayat (29/11/2015).Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone.

Spinte dall’incalzante preoccupazione per la difesa della sicurezza e della stabilità, le autorità tunisine hanno spostato la guerra alle organizzazioni terroristiche ad aree interne ed esterne. Il nemico non si fa alcuno scrupolo ed è pronto ad utilizzare qualsiasi mezzo per la diffusione del terrore, e dal momento che i terroristi si sono arrischiati ad attraversare i confini con la complicità delle tenebre, nulla può cambiare senza una seria intensificazione del controllo su tutti i punti d’accesso.

Sebbene sia il processo democratico in Tunisia che le forze terroristiche vogliono minare, insieme ai valori di convivenza, tolleranza e dignità che esso porta con sé, certo è che di questo processo nella vicina Libia non resta ormai nulla: la sua primavera si è diretta inesorabile verso l’orlo del baratro, dopo che si è generalizzato il caos e sono state la lingua delle armi ed il potere delle milizie a regnare incontrastati.

Per questo le autorità tunisine non possono decidere di chiudere le frontiere orientali con la Libia. Le relazioni tra Stati confinanti sono come quelle che vigono tra vicini di casa: la convivenza e la cooperazione sono d’uopo, ma potrebbero insorgere motivi di preoccupazione. La speranza è che questa sia una decisione a breve termine e che non lasci cicatrici indelebili sulle relazioni tra i vicini. L’esperienza insegna che gli accordi di Schengen non sono stati capaci di prevenire l’entrata di pericoli nei Paesi europei, anzi hanno incrementato l’afflusso di rifugiati in cerca di luoghi al sicuro da guerre e genocidi.

Ricordare il caso di Marocco ed Algeria a questo proposito è importante, anche se il movente della decisione tunisina è puramente precauzionale. C’è infatti un precedente nella relazione tra i due Paesi che ha avuto origine in maniera quasi analoga e si è poi evoluto in una rottura definitiva e nell’esacerbarsi dei rapporti. Dopo essere stato vittima di attacchi terroristici in cui erano implicati algerini e marocchini di nazionalità francese, il regime marocchino ha imposto il visto agli algerini, mentre le autorità algerine hanno reagito approvando la chiusura dei propri confini con il Marocco. Il decreto, però, rimane in vigore nonostante siano trascorsi vent’anni dagli attentati nel resort di Marrakech. Il pericolo è che la storia possa ripetersi e, se la chiusura dei confini è solo l’inizio, quale sarà la fine?

Il cancro del terrorismo si diffonde inesorabile da aree di tensione, vuoti di potere e intensificarsi di lotte sanguinose, come in Libia. È da anni che si esprimono forti preoccupazioni sul fatto che l’assenza di stabilità possa trasformarsi in un fiume in piena che spazza via tutto ciò che incontra, come ha fatto moltiplicando le difficoltà in Iraq e sconfinando nell’asfissiante crisi siriana. Intanto, nell’ala occidentale del mondo arabo, sono crollate le istituzioni statali in Libia e non basta reagire sigillando le frontiere. Sarebbe più efficace, invece, aprirsi ad iniziative politiche e contribuire a dare linfa vitale alla stabilità. Si dice che la necessità non conosca leggi, e forse tra le necessità più urgenti c’è quella di studiare una soluzione per la crisi libica, dato che è diventata il centro di polarizzazione del terrorismo più cieco, quello che colpisce in ogni direzione.

Mohamed al-Ashab è un giornalista e analista politico marocchino.

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