Di un giornalista yemenita*. The New Arab (5/12/2018). Traduzione e sintesi di Emanuela Barbieri.
La dipartita di Saleh ha un peso significativo in Yemen. Politicamente, ha governato il paese per oltre tre decenni ed era stato a capo del partito politico più popolare. Nella logica tribale, Saleh discendeva dalla tribù degli Hashid, una delle più forti – se non la più forte – tribù dello Yemen. Pertanto, la sete di vendetta per il suo omicidio sarà insormontabile e il paese continuerà a generare guerre.
Non ha più importanza se il regno di 33 anni di Saleh sia stato cattivo o buono. Ciò che conta è come si evolverà il conflitto post-Saleh in Yemen.
Alcuni yemeniti sostengono che l’uomo sia stato un eroe morto difendendo la repubblica. Altri invece lo condannano, considerandolo responsabile per aver aiutato gli Houthi a invadere Sanaa; la sua morte sarebbe stata quindi la sua punizione.
Saleh si è unito agli Houthi nel 2014, portando alla presa di Sanaa e alla messa al bando di oppositori politici tra cui il Partito Isla e il governo dello Yemen appoggiato dall’Arabia Saudita.
Da allora sono passati tre anni e l’amara luna di miele si è conclusa proprio questa settimana con l’assassinio di Saleh. Tuttavia, il suo omicidio non è un prologo per la pace. Al contrario, è un’introduzione alla guerra tra due campi: yemeniti repubblicani e houthi.
Il dominio dell’imamato, durato più di 1000 anni nel nord dello Yemen, cadde nel settembre del 1962, dopo una sanguinosa rivoluzione dalla quale emerse un paese repubblicano. Quando gli yemeniti ricordano il loro cupo passato, temono il suo ritorno sotto la forma del dominio Houthi.
La futura guerra sarà quindi tra chi crede nella Repubblica dello Yemen e chi sostiene gli Houthi. Le forze combattenti anti-Houthi sono diverse. Potrebbero essere chiamati combattenti della resistenza o guardie repubblicane o esercito di legittimità o qualsiasi altra cosa, eppure tutti concordano su una cosa: lo Yemen è una repubblica.
Dall’altra parte, gli Houthi stanno solo con poche leali tribù nel nord. Non credono nella democrazia o nella repubblica. La loro ideologia sostiene che la democrazia è un concetto importato dall’Occidente e pertanto non va emulato.
Questa disparità di pensiero determinerà una guerra che potrebbe richiedere anni per finire. La parola “repubblica” unifica milioni di yemeniti e spingerà migliaia di combattenti contro gli Houthi.
Mentre è vero che in questo momento gli Houthi esultano per aver ucciso l’ex presidente Saleh, le conseguenze a lungo termine saranno gravi e disastrose.
Hanno creato nemici per se stessi dall’interno, oltre ai loro nemici esterni come la coalizione guidata dai sauditi. Di conseguenza, ne pagheranno caro il prezzo e le loro perdite saranno inevitabilmente tremende – ora o nei prossimi mesi e anni.
Saleh e il suo partito politico hanno fornito una foglia di fico di dignità per il gruppo Houthi negli ultimi tre anni. Questo camuffamento ha permesso loro di stringere la presa, guadagnando una solida mano nella parte settentrionale del Paese. Ora il gruppo non ha più un partner politico; è da solo sul campo di battaglia.
Solo poche ore dopo la conferma della morte di Saleh, la coalizione araba guidata dai sauditi ha riversato innumerevoli attacchi aerei sulla capitale Sanaa. Il presidente Abd Rabdu Mansour Hadi ha pronunciato un discorso lunedì da Riyadh, chiedendo “un’unione di mani” per porre fine al controllo della “banda degli Houthi”. Ha anche ordinato alle unità militari di avanzare su Sanaa.
Alcuni combattenti fedeli all’ex presidente Saleh rimangono a Sanaa e useranno le loro armi al momento opportuno. Gli Houthi hanno ucciso Saleh, solo per devastare sé stessi e lo Yemen.
Trattare politicamente con gli Houthi non porterà da nessuna parte e una cosa certa è che la soluzione politica non è possibile con loro. Ciò mette il Paese, specialmente il nord, in pericolo di ulteriori guerre e di tragedie umanitarie più disperate.
*L’autore è un giornalista yemenita la cui identità è protetta per ragioni di sicurezza.
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