Di Sawsan al-Abtah. Asharq Al-Awsat (17/12/2013). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
Al loro arrivo all’edizione di quest’anno, i visitatori della Fiera Internazionale del Libro Arabo di Beirut sono stati accolti dallo slogan “Niente libri, niente rivoluzione”.
Sin dallo scoppio delle rivolte nel 2011, i lettori arabi sembrano essersi interessati più a rovesciare i propri leader che a passare del tempo su un buon libro. Di conseguenza, le vendite sono nettamente calate e i mercati si sono notevolmente prosciugati.
Indice di questi tempi duri, Egitto, Siria e Libia non sono state presenti all’evento, unendosi all’Iraq, ormai assente cronico da tre anni. Persino la Tunisia, il Paese della scintilla della Primavera Araba, sta passando un brutto momento alla fiera di quest’anno, con gli editori che parlano di un “anno da incubo” e dell’incapacità nel coprire i costi.
Tuttavia, risulta esagerato parlare di un declino dell’editoria araba, specialmente se si considera il clima di trepidazione per l’inaugurazione della Fiera, in una Beirut segnata dai recenti attacchi, da una precaria situazione di sicurezza e coperta da una coltre di neve bianca.
La caporedattrice della casa editrice Dar Al-Saqi, Ranya al-Moallem, è convinta che la situazione non è diversa da quella degli ultimi due anni: “È vero che ci sono sicuramente meno visitatori, ma non ha senso riceverne un gran numero se non si trasformano in vendite”, afferma. “Quest’anno, nonostante il minor numero di visite, abbiamo notato che ci sono più acquisti”.
Anche Rana Idris, proprietaria di un’altra casa editrice di Beirut, la Dar Al-Aadaab, è alquanto ottimista. La Idirs ha infatti affermato che la domanda per molti autori arabi, come ad esempio Elias Khoury, è ancora molto forte e che c’è un vivo interesse per il romanzo turco.
Da parte sua, Rasha al-Amir, scrittrice e proprietaria della casa editrice Dar Al-Jadid, ha commentato che, nell’era della digitalizzazione, gli editori regionali devono aprirsi a nuove idee per stimolare l’industria del libro. A questo scopo, la Amir propone l’idea di una fiera “multilinguistica” attraverso l’integrazione dell’evento arabo con la Fiera del Libro di Francoforte, che riunisce editori e autori del mondo francofono e che si tiene anch’essa a Beirut, di solito pochi giorni prima che la sua controparte araba abbia inizio.
È difficile valutare gli umori e i gusti dei lettori a quasi tre anni dallo scoppio delle rivolte. Dopo tutto, si tratta di eventi che sono ancora in corso e per essere più informati i lettori ricorrono a nuove fonti. Ad ogni modo, è chiaro che i libri in lingua araba non sono la merce che i loro editori vorrebbero che fossero. In generale, gli editori accettano il fatto che si tratti di un periodo duro per l’industria del libro, ma resta ancora chi crede che la via d’uscita sarebbe quella di infrangere il paradigma corrente e trasformare la concezione del libro e delle sue potenzialità.
La Fiera Interazionale del Libro Arabo di Beirut, inaugurata il 6 dicembre, si conclude oggi, 19 dicembre [ndt].
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Nawal Al Saadawi
Ahlam Mosteghanemi.
Ciao, da che città scrivi? I libri in lingua araba sono molto difficili da trovare in Italia, eccetto per alcune piccole librerie specializzate.
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