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La difficile integrazione dei musulmani in Europa

arabi e musulmani UK

Di ‘Ali Ibrahim. Asharq al-Awsat (19/01/2016). Traduzione e sintesi di Mariacarmela Minniti.

Non è chiaro ciò che è accaduto la notte di capodanno presso la stazione ferroviaria di Colonia, in Germania, o in altre città europee quando centinaia di donne hanno presentato denunce per molestie sessuali o furti compiuti da centinaia di giovani immigrati che hanno sfruttato l’atmosfera chiassosa tipica di questi festeggiamenti occidentali. Il risultato, tuttavia, è che l’atmosfera in Europa “si è accesa” rispetto alla questione dei rifugiati, subito ricollegata ai rifugiati siriani, malgrado i giornali parlino di atti compiuti da nordafricani.

Alcune settimane fa l’immagine era completamente diversa: la diffusione della foto di un militare turco che trasportava il cadavere di un bambino curdo-siriano di nome Aylan annegato con la sua famiglia in fuga da Kobane nel tentativo di attraversare il tratto di mare fra la Turchia e la Grecia in cerca di una vita migliore in Europa aveva scosso la coscienza del mondo. Allora la Cancelliera tedesca Merkel aveva annunciato che il suo Paese era pronto ad accogliere un milione di rifugiati siriani e altri Paesi europei sembravano intenzionati a farsi carico di una parte dell’onere derivante da questa tragedia che avviene in Medio Oriente ma i cui effetti si estendono ben oltre.

Un altro capitolo di questo dibattito è costituito dall’articolo scritto dal premier britannico David Cameron su The Times, in cui ha sottolineato l’importanza dell’integrazione delle donne musulmane nella società britannica e dell’apprendimento dell’inglese, alla luce di statistiche che mostrano che migliaia di donne non conoscono la lingua. Ha inoltre posto l’accento sui valori britannici quali la libertà delle donne di scegliere con chi voler vivere o gli abiti da indossare.

Bisogna ammettere che i musulmani sono gli immigrati meno capaci di integrarsi, o almeno di comprendere le altre culture, rispettare le differenze e astenersi dall’imporre le proprie idee o la propria cultura agli altri. Tra gli immigrati giunti in Europa sono rappresentate molte altre culture, alcune delle quali affrontano problemi di integrazione, ma non conoscono fenomeni di estremismo e violenza, come accade con le organizzazioni che sfruttano l’Islam e terrorizzano il mondo. Sembra incomprensibile che giovani europei di origini musulmane siano attratti dalle idee di un’organizzazione estremista come Daesh (ISIS) e vadano a combattere tra le sue fila. Ma le vere cause di queste fenomeni sono sociali più che religiose e sono legate alla ricerca di un’identità e al sentimento di smarrimento, poiché sono stretti tra la cultura della società in cui sono nati e hanno vissuto e le loro famiglie che hanno tentato di impedire loro di assimilarsi completamente o di convivere con le sue idee. Pertanto ricercano un’identità nelle idee miscredenti o suicide, fuggendo non solo dalle società con cui non riescono a convivere, ma anche dalle loro famiglie.

L’invito all’integrazione è autentico e richiede l’impegno da parte dei governi e delle stesse comunità di immigrati. La strada migliore è di applicare le regole della cittadinanza e i programmi culturali e di istruzione previsti dalle istituzioni dello Stato. L’integrazione non significa abbandonare la propria fede o tradizioni, ma piuttosto comprendere le differenze, essere tolleranti e rispettare le libertà altrui. La maggior parte degli immigrati musulmani contribuiscono seriamente allo sviluppo e alla prosperità delle società di cui ottengono la cittadinanza e fra di loro ci sono numerosi esempi eccellenti che si sono distinti in vari settori.

‘Ali Ibrahim è un giornalista e scrittore egiziano e vice caporedattore del quotidiano Asharq al-Awsat.

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Roberta Papaleo

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  • L’integrazione non significa abbandonare la propria fede o tradizioni, ma piuttosto comprendere le differenze, essere tolleranti e rispettare le libertà altrui? Magari fosse! Ma se siamo impietriti costantemente fissando Medusa sarà impossibile cambiare mentalità. I pregiudizi sono gli ultimi a morire.