Economia Egitto Zoom

La crisi egiziana e le occasioni perdute

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Le conseguenze della svalutazione della lira egiziana

Di Shadi Louis. Al-Modon (08/11/2016). Traduzione e sintesi di Laura Formigari.

Dopo meno di una settimana dalla decisione della Banca Centrale d’Egitto di liberalizzare il tasso di cambio della lira egiziana, il ministero del Petrolio ha annunciato che la compagnia saudita Aramco ha fermato le spedizioni di prodotti petroliferi verso l’Egitto per il secondo mese consecutivo e fino a nuovo avviso. Le conseguenze immediate della decisione di far fluttuare la lira si sono ripercosse sull’aumento del prezzo dei beni di prima necessità, dei trasporti e del carburante, senza alcuna reazione popolare degna di nota, venendo invece accolta con speranza da molti oppositori del regime, dai circoli finanziari e da uomini di affari.

Gli effetti dell’inflazione sul lungo periodo con la perdita della lira egiziana di circa metà del suo valore (probabilmente ancora di più nel breve periodo) e con l’arresto di forti capitali dai paesi del Golfo per un tempo indeterminato, introdurranno il regime egiziano ad una fase critica a livello economico e politico. In questa situazione il governo non si  troverà solamente a fronteggiare un rapido e disastroso deterioramento degli standard di vita di ampie fasce della popolazione, ma dovrà provvedere a fondi necessari per importare beni di prima necessità, a reggere il peso del crescente debito estero e a gestire, inoltre, a livello politico e di sicurezza i disordini civili che potrebbero scoppiare in un prossimo futuro.

Il regime egiziano è dipendente dai prestiti del Fondo Monetario Internazionale, i cui stanziamenti, che verranno stabiliti nei prossimi mesi, serviranno ad arginare il deficit di bilancio. Un prestito modesto tuttavia (non più di 12 miliardi in 3 anni), se paragonato alle generose somme che il Golfo ha versato all’Egitto negli ultimi anni. Non sembra abbastanza per fronteggiare l’attuale crisi economica o almeno rallentarne il deterioramento e questo a causa delle condizioni di austerità sul prestito, tra le quali il taglio alla spesa pubblica e al sostegno dei beni di prima necessità.   

La crisi sembra raggiungere il suo picco e gli oppositori accusano il regime di portare avanti politiche finanziarie irrazionali, di dissipare le limitate riserve di valuta forte in immensi accordi militari e progetti irrealizzabili, oltre alle falle in ambito di sicurezza, che hanno contribuito a un calo del flusso dei turisti e dell’attrattiva del mercato egiziano sugli investimenti esteri; senza contare il peso di una politica estera contraddittoria che gli ha fatto perdere i suoi sostenitori regionali.

Tuttavia questa crisi non è attribuibile solamente alle politiche dell’attuale regime, rivela invece un accumulo di difetti strutturali a livello economico e di infrastrutture, di mancanze croniche nella bilancia commerciale e dei pagamenti che precedentemente erano compensate dalle entrate del turismo, dalle rimesse dei lavoratori all’estero e dai prestiti e su cui ora non si può più fare affidamento. In questo contesto si inserisce l’incapacità degli oppositori politici, laici o islamisti che siano, di sviluppare alternative e soluzioni d’emergenza o semplicemente di utilizzare la crisi economica tatticamente per espandere il proprio bacino di consensi. L’orizzonte dell’opposizione è ripiegato su se stesso e non va oltre il mero desiderio della caduta del regime, invece che allargarsi per avanzare richieste economiche e sociali sulle questioni dei salari, del lavoro, del diritto alle cure, dei servizi sanitari e abitativi. 

Shadi Louis è uno scrittore egiziano.

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