Di Barak Ravid. Haaretz (03/04/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.
L’annuncio dell’accordo quadro sul nucleare tra l’Iran e le potenze mondiali ha sorpreso praticamente chiunque. Anche molti ufficiali, israeliani compresi, pur non ammettendolo, sono stati colti dallo stupore di questa notizia.
Tuttavia, al contrario dei messaggi che Benjamin Netanyahu ha lanciato al Congresso americano, della posizione ufficiale che il Governo israeliano ha tenuto negli ultimi due anni e di tutti quei riflessi pavloviani che sono emersi giovedì notte, l’accordo quadro non è dev’essere visto necessariamente come un evento negativo. Infatti, analizzandolo in dettaglio, è chiaro che l’accordo contenga molti aspetti positivi che rispettano gli interessi strategici d’Israele, e rispondano alle preoccupazioni di Tel Aviv.
È probabile che l’Iran abbia vinto alcune battaglie in termini di narrativa, affermando che i propri diritti sono stati rispettati dalle potenze mondiali, che i propri impianti nucleari non saranno chiusi, che l’arricchimento dell’uranio potrà continuare e che le umilianti sanzioni saranno sospese. Il resto del mondo, però, ha fatto importanti conquiste, soprattutto dal punto di vista pratico. Nello specifico, anche se le limitazioni sul numero di centrifughe operative scadranno tra dieci anni, l’uranio prodotto in questo lasso di tempo potrà servire solo per scopi civili. Alla stessa maniera, il programma nucleare iraniano sarà sottoposto alla rigida supervisione degli ispettori delle Nazioni Uniti per un periodo di venti o venticinque anni.
Un ulteriore elemento positivo è che l’Iran ha acconsentito a firmare e a ratificare il protocollo addizionale di non proliferazione, che consente alle Nazioni Unite di effettuare ispezioni a sorpresa in un qualsiasi impianto sospettato di ospitare attività nucleare.
In aggiunta a ciò, però, ci sono bocconi più difficili da digerire per Israele, quali il permesso di continuare la ricerca e lo sviluppo di centrifughe avanzate e la revisione o il livellamento delle sanzioni. Tuttavia, non si può affermare che queste siano le clausole più critiche dell’accordo e sicuramente non solo quelle che possono essere mitigate con un discreto, intimo e serafico dialogo con l’amministrazione Obama.
In definitiva, non sarà facile per Israele opporsi a quest’accordo o dipingerlo come negativo. Infatti, se l’Iran dovesse onorarlo veramente, la minaccia di un’arma nucleare iraniana sarà enormemente ridotta nei prossimi vent’anni. Analogamente, è ormai chiaro che l’intervento militare per cui Netanyahu ha fatto tante pressioni non potrà ottenere gli stessi risultati.
Barak Ravid è un corrispondente per Haaretz specializzato in affari diplomatici.
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