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L’Islam deve giocare un ruolo in politica?

Corano Islam

Di Soumaya Ghannouchi. Middle East Eye (28/06/2016). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia.

L’Islam durante la sua storia è stato oggetto di molteplici interpretazioni: religione chiusa o aperta, letterale o razionale, spirituale/ascetica o militante/politicizzata, per citarne alcune.

Il carattere esplosivo e violento di numerose espressioni contemporanee dell’Islam non potrebbe essere più in contrasto con il lungo passato di tolleranza e di diversità che ha conosciuto all’epoca dei califfi e dei sultani.

Non esiste un Islam in sé al di fuori della pratica storica, ma diverse forme di Islam che sono plasmate dall’ambiente politico e sociale dove sono concepite. Ad esempio in Malaysia, Brunei o Indonesia, paesi che beneficiano di un livello di stabilità politica, l’Islam sembra rivestire un carattere calmo e pacifico e contribuire a stimolare lo sviluppo politico ed economico, diversamente dall’Afghanistan, l’Iraq e la Siria, terre di scismi, di interventi militari brutali e di conflitti politici dove si manifesta in forme tese e conflittuali.

Le posizioni teologiche e le tendenze intellettuali sono definite dal contesto sociopolitico. Che ruolo politico dovrebbe occupare l’Islam in condizioni normali e sane? Cosa significa avere delle referenze islamiche in politica? La laicizzazione è inevitabile o auspicabile nella religione musulmana?

L’Islam impone una forte presenza nella vita privata e pubblica dei musulmani, ma come si deve manifestare? L’Islam è una fonte di valori morali e religiosi e una personalità politica che si ispiri a questi ideali può dare un’etica al comportamento politico e contribuire a dirigerlo e a regolamentarlo conformemente alle norme morali, il che non vuol dire che le personalità politiche debbano trasformarsi in predicatori.

Due modelli hanno fallito nel mondo musulmano: il primo è basato sulla laicizzazione discendente (Turchia, Tunisia), il secondo sull’islamizzazione discendente (Iran, Arabia Saudita). L’intervenzionismo laico obbliga la donna a mostrare i capelli mentre il secondo modello la forza a coprirli, mostrando di essere entrambi repressivi.

Dovremmo riuscire ad avere uno Stato neutro e non intervenzionista che gestisca le differenze nella società, garantisca le libertà individuali e protegga l’ordine pubblico. Questa neutralità può andare di pari passo con il rispetto della cultura collettiva, senza coercizione né interferenze con le preferenze degli individui.

Cercare di limitare l’Islam alla sfera privata e all’interno delle moschee è un’impresa molto difficile. La sfida è sapere come questa religione possa giocare un ruolo positivo in uno spazio aperto a diverse espressioni religiose, libero da fanatismi e da qualsiasi forma di violenza.

È solo attraverso un’equazione che associ il rispetto della cultura collettiva alle libertà individuali e alle esigenze d’identificazione con la realtà del pluralismo che le società musulmane possono sperare di ritrovare l’equilibrio e la stabilità che hanno perso.

Soumaya Ghannouchi è una scrittrice anglo-tunisina specializzata in politica del Medio Oriente.

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