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Iraq: cosa riserverà il post-estremismo?

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Di Mustafa Habib. Niqash (19/03/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.

Già da qualche tempo il parlamento iracheno ha avviato una serie di negoziazioni tra i membri del blocco Ahrar, il braccio politico della Corrente Sadr, e quelli della Coalizione Irachena, che è guidata da uno dei vicepresidenti dell’Iraq, Ayad Allawi.

Le riunioni di questi gruppi, però, sono state tenute lontane dalle principali notizie e hanno il compito di creare una guida politica per l’Iraq in uno scenario post-Daesh (ISIS). Nello specifico, anche se l’attenzione della nazione, e del mondo, è principalmente concentrata sulla battaglia tra i gruppi filogovernativi e Daesh, che è ancora in corso nel governatorato di Salahuddin, i politici hanno iniziato già a discutere le possibilità che potranno prospettarsi per lo Stato iracheno dopo la sconfitta dei jihadisti.

Secondo il deputato Jawad al-Shihaili, infatti, questo nuovo blocco che sostiene il governo del premier Haidar al-Abadi vuole contribuire all’implementazione di riforme politiche, sociali e di difesa che siano negli interessi di tutti i cittadini iracheni, sciiti, sunniti o curdi che siano. Nello specifico, si tratta di un raggruppamento trans-settario e multi-etnico che, fra gli altri, si è posto come obiettivo di espandere l’alleanza e di coinvolgere altri gruppi politici.

A tale scopo, la figura di Allawi sembra essere centrale, poiché questo politico è stato anche incaricato di portare avanti il processo di riconciliazione nazionale del proprio paese. Al momento, Alllawi si sta dedicando, soprattutto, ai curdi, che hanno mostrato un certo interesse a unirsi al blocco, dopo aver rifiutato di stringere accordi con altri gruppi politici.

Nonostante ciò, ci sono ancora grandi resistenze. In primo luogo, si teme che Nuri al-Maliki, l’ex premier iracheno, e i suoi seguaci vogliano delegittimare ogni successo di Abadi, punendolo per aver occupato il posto del suo predecessore.

Oltre a ciò, esistono delle differenti correnti anche all’interno dei principali partiti che sostengono Abadi. Il blocco sciita, cioè quello maggioritario, per esempio, è stato in grado di scegliere il proprio leader tra Ammar al-Hakim, leader del partito Mawtin (Cittadino), e Ali al-Adeeb, più vicino a Maliki. Lo stesso problema riguarda anche il gruppo minoritario sunnita. Al contrario, i partiti curdi sono quelli che, finora, si sono dimostrati più coerenti e uniti.

In definitiva, anche se ci sono segni positivi, resta comunque il dubbio se tutta quest’attività politica possa porre fine al conflitto settario iracheno. La risposta è “probabilmente, sì”, ma l’attuale sistema politico, è basato ancora sull’equilibrio settario e i problemi, che da esso derivano, non potranno essere cancellati così facilmente. Nemmeno, sarà facile dimenticare che queste tensioni non riguardano solo la politica interna dell’Iraq (o in generale, dei singoli Stati), ma sono di carattere regionale. Sarà difficile, infatti, che gli attori politici iracheni scordino i propri sostenitori all’estero e in tutto il Medio Oriente.

Mustafa Habib è un reporter iracheno, scrive per il portale Niqash.

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