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Incontro con l’algerino Nabil Hamai: la musica per il dialogo, la pace e la fratellanza

In copertina, Nabil Hamai in una foto di Alberto Mazzucato

Salve, care amiche e amici di Arabpress.

Non è la prima volta che mi occupo di giovani talenti provenienti dall’Algeria, se ricordate i miei articoli di diverso tempo fa. Nabil Hamai, figlio d’arte, è un’altra dimostrazione di come e quanto la musica possa unire le sponde del Mediterraneo, mettendo in comunicazione e in comunione reciproca vari linguaggi e varie identità. Una vera ricchezza, una risorsa infinita.

Il nostro giovane Nabil nasce nel giugno del 1986, in un noto quartiere, Beb el Oued, al centro di Algeri. Suo padre, Mabrouk Hamai, suona il qanun ed è maestro di musica arabo-andalusa. Approfitterò di questo suo sapere musicale, appreso e respirato sin da piccolo, per Nabil, per chiedergli anche informazioni sui fili che uniscono la musica arabo-andalusa a quella jazz.

Ma, intanto, andiamo a conoscere meglio il nostro amico.

C.: Nabil, tu nasci dentro la musica, si può dire. Che ti ricordi della tua infanzia?

N.: È vero, sono nato in un ambiente pieno di musica. Ho cominciato a suonare le percussioni a quattro anni: quando mio padre suonava a casa, io prendevo sempre bottiglie e padelle e cominciavo ad improvvisare.

C.: È quello che vorrebbero fare tantissimi bambini, nelle loro case. Come e quando hai cominciato a studiare seriamente la musica?

N.: Ho iniziato ad otto anni, quando mio padre mi ha fatto entrare nel Conservatorio Centrale di Algeri, per imparare il violino e la musica classica. In realtà io volevo suonare la chitarra e la musica popolare. Avrei voluto divertirmi con canzoni e non affrontare teoria e solfeggio. Mio padre, però, disse: “O violino e musica classica, o niente!”. E così… fui costretto, non avevo scelta. In conservatorio ho studiato con tre maestri: Abdelkrim Kara, Abes Ahmed, Abdelkader Bouaazara. Questo fino a quindici anni, poi sono entrato nel liceo musicale di Algeri, l’Institut Regional de Formation Musical. Voglio aggiungere che, in conservatorio, suonavo nell’orchestra di giovani e facevo musica da camera con il nostro carissimo Maestro Moughari Boukhari, che poi è venuto a mancare.

C.: Molto interessante, ci stai aprendo una finestra sulla formazione musicale nel tuo Paese! Dimmi, per favore, se nel conservatorio e nella scuola che hai frequentato, si studia musica classica occidentale e/o quella tradizionale algerina?

N.: Sì, nel conservatorio ci sono due tipi di formazione ma io sono andato al corso di musica classica, perché in quello tradizionale si suona ma non se legge la musica. Invece, nello studio classico, la musica si suona leggendola.

C.: Ma se volessi studiare solo musica tradizionale, potresti farlo?

N.: Si. Ma voglio arrivare a un punto importante del ragionamento del mio padre…

C.: Aspetta, fammi capire bene, per favore: la musica tradizionale si impara, cioè viene trasmessa dal maestro all’allievo solo basandosi sulla memoria, come si faceva anticamente?

N.: Sì, brava. Invece mio padre, quando entravo a casa, mi faceva studiare musica tradizionale sullo spartito! Mi diceva: “Violino, musica classica o niente”!

C.: Forse lo ha fatto per darti la possibilità di suonare qualsiasi cosa?

N.: Esatto. Se leggi le note musicali puoi suonare tutta la musica del mondo. Ovviamente, a volte trovi delle difficoltà tecniche… ma si studia! Perché esiste una musica che puoi suonare a prima vista, mentre altra musica devi studiarla per mesi.

C.: E così puoi avere molte più possibilità di lavorare, anche con le orchestre. Io ti ho sentito suonare sia il violino che le percussioni, in qualche video, e sei bravissimo. Ma so che tu suoni anche con una bella orchestra, in Algeria, vero? Che orchestra è, e che musiche suonate?

N.: In Algeria suono con l’Orchestra Sinfonica dell’Algeria e, a volte, con l’orchestra di mio padre. Quest’ anno ho cominciato anche qualche progetto con musiche da film, oppure programmi tv. In Italia, invece, suono con l’Orchestra sinfonica “Stefano Tempia”, di Torino, poi con gruppo Jazira e con diversi altri gruppi, soprattutto di jam session. Quando capito a Parigi, mi diverto anche a suonare con un’orchestra franco-algerina.

C.: Nabil, vogliamo interrompere un attimo le parole per ascoltarti mentre suoni, canti o dirigi? Anticipiamo, infatti, che ti stai dedicando anche alla direzione. Ho trovato questo video che mi sembra molto significativo, per il dialogo e il processo di pace che la musica, come sappiamo, può aiutare.

Molto bello anche questo brano di Marcel Khalife, cantato da Nadia Rayan.

In questo video, invece, stai improvvisando con la darbouka, mentre qui improvvisi col violino, con Ezio Bosso al pianoforte.

Eccoti anche all’opera col gruppo Jaziraqui con un bel brano di Idir.

Che dire! veramente la musica apre le porte del mondo e rompe ogni barriera. Mi dici qualcosa in merito a questa tua esperienza con l’orchestra e il coro, in Italia? Mi riferisco a quella che hai diretto a Torino e che abbiamo visto nei video.

N.: Sì, molto volentieri. Faccio parte dell’ Orchestra Internazionale per la pace PEQUENAS HUELLAS. Qui ho avuto la possibilità di esprimermi, di scrivere pezzi per orchestra sinfonica e di dirigerli. Mi sono ritrovato ad essere l’unico arabo, là, che faceva cantare l’orchestra in arabo. Quando scrivevo le parole, soprattutto quelle religiose, le trascrivevo con caratteri di scrittura in italiano, per il coro, in modo che potesse leggere l’arabo. Provavamo la pronuncia e sono stati bravissimi, perché al concerto hanno cantato come se fossero stati davvero arabi, anche se non c’erano altri, tranne me! È stato emozionante riuscirci, nonostante i problemi di pronuncia che, però, abbiamo risolto con le prove di canto.

C.: Ottimo, complimenti! Nabil, vogliamo riprendere il racconto della tua storia musicale? Eravamo arrivati al liceo musicale.

N.: Certo! Quando sono entrato all’Istituto Regionale di Formazione Musicale, a 15 anni, ho studiato con Natacha, che è russa, e poi con Hayet Kouider e con Vera Aitahar. In quel periodo, a 16 anni, sono entrato nell’Orchestra Filarmonica di Algeri. Con il Maestro Amine Kouider suonavo le percussioni poi, piano piano, il violino. Mi ricordo che c’erano dei momenti, sul palco, in cui suonavo un pezzo con violino… poi lasciavo il violino e prendevo la darbouka! A 18 anni sono entrato nell’Orchestra Sinfonica di Algeria, dove ho conosciuto tanti maestri stranieri. Elise Gothier Vilar, francese, ad esempio, che è un amore di persona, piena di arte e musica; eravamo molto amici e suonavamo quasi sempre. Grazie a lei ho conosciuto il Maestro Guido Maria Guida, che è Direttore dell’Orchestra “Stefano Tempia” di Torino, e che mi tanto aiutato. Per me è come mio padre a Torino. Poi arrivò il mio caro Maestro Giacomo Agazzini, a cui mandavo i miei video d’ esame in Algeria. Diciamo che mi faceva lezione online, finché mi sono diplomato, in Algeria.

C.: Come sei arrivato a studiare in Italia?

N.: È stato grazie ad una borsa di studio, da parte dell’Istituto di Cultura Italiano di Algeri; ho avuto la possibilità di fare un esame d’ ammissione al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino. Prima di Torino, però, ho studiato un anno con Fabrucci, al Conservatorio di Cuneo. Ora, a Torino, sto per finire! Voglio dire grazie a tutti i miei professori e a tutta la gente del conservatorio, ai i miei cari amici italiani e algerini che mi hanno aiutato! Grazie a tutto il mondo che conosco e che non conosco, perché quando una persona arriva in un paese straniero, da solo e senza sapere la lingua, è veramente dura. Infatti vorrei ringraziare anche la mia amica Yasmine Chenguiti, per avermi aiutato con la lingua italiana e per avermi fatto iscrivere all’Istituto di cultura italiano ad Algeri. E ancora un grazie enorme ai miei genitori chi mi hanno incoraggiato e non mi hanno mai fatto mancare nulla.

C.: Grazie a te, Nabil, per avermi dedicato del tempo, con questa intervista, nonostante i tuoi numerosissimi impegni, sia in Italia che in Algeria. Mi piacerebbe parlare ancora, con te, di un argomento interessantissimo a cui ho accennato all’inizio di questo articolo, cioè il legame tra la musica arabo-andalusa e quella jazz. Sei pronto? Che ci puoi raccontare?

N.: Cerco di risponderti ma non è facile, visto che si tratta di un argomento che occupa secoli di storia. Io ho avuto la fortuna di suonare con musicisti jazzisti, in jam session e concerti vari. La mia prima volta pensavo tanto, con ansia: “Cosa devo suonare? Fevo improvvisare… non so neanche una nota… anche per gli altri musicisti… almeno dovremmo essere insieme nella stessa tonalità!”. Poi ho capito che ognuno si esprime con la sua anima, con la sua musica, cultura, tecnica… e ho pensato: “Io sono in mezzo… sì… sono il primo che comincia. Devo ascoltare e cercare il modo musicale per capire cosa sta succedendo… Ok… ho capito il modo in cui siamo, quindi sono contento; sto aspettando solo il mio turno, quando arriva l’assolo. Ecco… faccio il mio assolo… chissà come è venuto!”. A volte ricevo applausi, a volte niente da fare! Ma l’importante di esprimermi; è tutto naturale, perché è tutto improvvisato, l’importante è suonare nel modo in cui stanno tutti suonando.

C.: Grazie Nabil. Vogliamo parlare un po’ proprio di questi modi? Vediamo come si accosta il jazz alla musica arabo-andalusa.

N.: In effetti ci sono molte similitudini. Ad esempio:

  • il modo IONICO nel jazz, una scala modale costruita sul primo grado della scala diatonica; nella musica arabo-andalusa si chiama modo AL-DHIL.
  • il modo sul secondo grado, nel jazz, è il DORICO; quello arabo-andaluso è il RAML ALMAYA
  • sul terzo grado, nel jazz, abbiamo il FRIGIO; quello arabo-andaluso è il SIKA
  • sul quarto grado, nel jazz, c’è il LIDIO; il modo arabo-andaluso è il MUAL
  • dal quinto grado, nel jazz, parte il MISOLIDIO; quello arabo-andaluso è ARAQ.

Nella musica jazz ed in quella arabo-andalusa, queste cinque scale hanno gli stessi intervalli: sono praticamente uguali.

C.: Grazie ancora, Nabil. Per finire, quale musica ascolti, generalmente?

N.: Mi piace ascoltare Mozart, Beethoven.. .tutta la musica, mi piace tutta la musica del mondo.

C.: Ci credo, e questa tua grande conoscenza e apertura mentale, si sente e si apprezza nelle improvvisazioni che fai. Mi ha fatto molto piacere intervistarti e avere modo di farti conoscere ai nostri lettori. Oltre ad essere molto bravo, apprezzo tantissimo ogni sforzo fatto dagli artisti in nome del dialogo tra identità culturali diverse, facendo in modo che la musica sia portatrice di alti valori umani e, quindi, di pace per tutti.

Un carissimo saluto e in bocca al lupo per tutte le tue attività presenti e future!

Per chi volesse, ecco la pagina Facebook di Nabil Hamai.

 

Cinzia Merletti

 

About the author

Cinzia Merletti

Cinzia Merletti è musicista, didatta, saggista. Diplomata in pianoforte, laureata in DAMS, specializzata in Didattica e con un Master in Formazione musicale e dimensioni del contemporaneo. Ha scritto e pubblicato saggi sulla musica nella cultura arabo-islamica e mediterranea, anche con CD allegato, e sulla modalità. Saggi e articoli sono presenti anche su Musicheria.net. Ha all'attivo importanti collaborazioni con musicisti prestigiosi, Associazioni culturali e ONG, enti nazionali e comunali, Conservatorio di Santa Cecilia, per la realizzazione di eventi artistici, progetti formativi ed interculturali tuttora in corso.

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