Di Aymen Gharbi. Al Huffington Post Maghreb (20/04/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
Come per il progetto di legge anti-terrorismo, quello sulla “repressione” delle aggressioni contro gli agenti delle forze armate in Tunisia, approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 8 aprile, rischia di accendere un vivo dibattito prima di passare al vaglio del parlamento. Minacce alle libertà, impunità delle forze dell’ordine, legalizzazione degli abusi? Il progetto suscita già parecchie preoccupazioni, ma cosa dice il testo?
Protezione e repressione. Secondo l’art. 1, questo progetto di legge ha come obiettivo quello di “proteggere gli agenti delle forze armate dalle aggressioni che minacciano la loro sicurezza e la loro vita”. Tuttavia, esso punta anche a “reprimere gli attacchi” contro i locali e gli equipaggiamenti posti sotto il controllo delle forze armate, oltre che punire la violazione dei “segreti di sicurezza nazionale”.
Detenzione per “umiliazione”, per una foto, per un “segreto”. Secondo quanto disposto dall’art.12, “è passibile di due anni di detenzione e una multa di 10.000 dinar chi umilia volontariamente le forze armate al fine di nuocere alla sicurezza pubblica”. Che tipo di umiliazione potrebbe mettere in pericolo la sicurezza pubblica? Il testo è lacunoso e potrebbe permettere alcuni abusi limitando la libertà d’espressione e le critiche contro l’esercito e le forze di sicurezza.
Secondo l’art. 7, poi, è passibile di due ani di detenzione chi pubblica filmati, immagini o registrazioni audio ripresi all’interno degli edifici militari e di sicurezza senza il permesso delle autorità competenti.
Infine, le informazioni, i dati e i documenti relativi alla sicurezza nazionale sono considerati come “segreti” di cui anche il solo possesso è punibile con 10 anni di prigione e 50.000 dinar di multa. Gli artt. 5 e 6 condannano inoltre chiunque abbia “rubato, distrutto, rivelato, cambiato o permesso a terzi si accedere” a uno dei “segreti” della sicurezza nazionale. Secondo il sindacato dei giornalisti tunisino, queste misure potrebbero minacciare la libertà dei giornalisti e in particolare il loro segreto professionale.
Diritto di uccidere. Se “minacciare” un agente o danneggiare un locale delle forze armate espone a pene di detenzione pesanti, il progetto di legge riconosce alle forze dell’ordine anche il diritto di uccidere un “aggressore”, nel caso in cui “questo atto è necessario per […] proteggere le vite e le priorità” delle stesse. Nessuna “responsabilità penale” sarà attribuita agli agenti che uccideranno o feriranno un assalitore. Inoltre, questo diritto di uccidere si applica anche contro individui non armati in casi particolari, come l’incendio o la distruzione di locali delle forze armate.
Con il moltiplicarsi degli attacchi attribuiti a gruppi terroristici e indirizzati alle forze dell’ordine e all’esercito, i responsabili e i sindacati legati alle istituzioni securitarie hanno fatto appello all’elaborazione di una legislazione che permetta la protezione degli agenti e il miglioramento delle loro condizioni di lavoro.
Tuttavia, secondo i giornalisti, alcuni sindacati delle forze di sicurezza si sono mostrati assai critici in questo senso e hanno chiesto la revisione del progetto di legge. “Noi chiediamo che questa legge venga ritirata poiché crea un disaccordo tra lo Stato e il popolo tunisino […] Non accetteremo di limitare la libertà degli altri per tutelare i nostri diritti”, ha detto Chokri Hamada, portavoce del sindacato nazionale delle forze di sicurezza interne.
Da parte sua, Ahmed Zarrouk, segretario generale del governo, ha assicurato che il testo “tiene contro delle norme e delle disposizioni previste dalle convenzioni internazionali e dei principi fondamentali delle Nazioni Unite”.
Aymen Gharbi è un giornalista tunisino che scrive sopratutto di questioni socio-culturali.
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