Di David Ignatius. The Daily Star Lebanon (26/11/2013). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.
L’accordo nucleare iraniano può essere considerato una vittoria rara per lo stile riservato e cerebrale di Obama, un esempio di diplomazia segreta che Kissinger avrebbe sicuramente apprezzato. Nonostante l’approccio così cauto abbia prodotto molte battute d’arresto nel corso degli ultimi cinque anni, infatti, si è finalmente giunti ad una svolta con Teheran. Obama ha dato il via autorizzando degli incontri nel mese di marzo attraverso l’Oman, il Paese più discreto del Golfo. Come inviati personali ha scelto due uomini di basso profilo, Bill Burns e Jake Sullivan, rispettivamente vice segretario di Stato e vice consigliere presidenziale.
È stato un classico trucco di magia: mentre il mondo era distratto dai colloqui dei 5 +1, il vero lavoro veniva svolto altrove e presentato, due settimane fa, a Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania come un fatto compiuto. Non c’è dunque da stupirsi che il primo ministro israeliano Netanyahu e il ministro degli esteri francese Laurent Fabius se la siano presa: l’accordo è stato fatto a loro insaputa e solo in un secondo momento sono stati invitati ad approvarlo. Ciò dimostra l’immensa influenza degli Stati Uniti quando fanno un uso saggio e discreto della diplomazia.
Un buon accordo può essere venduto al pubblico da entrambe le parti ed è questo il caso. Sia gli Stati Uniti che Israele ne traggono vantaggio, nei margini del possibile, in termini di congelamento del programma nucleare e garanzia di controlli quotidiani. Quel che è certo è che oggi il mondo è più al sicuro dalla minaccia nucleare iraniana di quanto non lo fosse una settimana fa.
Anche l’Iran ha fatto un buon affare, a scapito di chi voleva la sua resa. L’accordo fornisce una soluzione globale che permette di esercitare pienamente il suo diritto all’energia nucleare per scopi pacifici nell’ambito Trattato di Non Proliferazione, compreso un programma per l’arricchimento dell’uranio. Questa importante concessione è compensata da una serie di limitazioni nel breve termine. Per i prossimi sei mesi, infatti, l’Iran si impegna a non adoperare alcune centrifughe, a ritardare l’installazione di altre, a smantellare le connessioni tecniche necessarie per l’arricchimento ai livelli della bomba atomica e a garantire ispezioni quotidiane negli impianti una volta segreti di Natanz e Fordow.
L’accordo tra l’Iran e quello che una volta era il Grande Satana appare come l’inizio di un lungo passaggio dall’isolamento rivoluzionario all’impegno a fianco dell’Occidente per la sicurezza in una regione instabile come il Medio Oriente. Certo, l’Iran potrebbe fare il doppio gioco, ma se gli Stati Uniti e Israele sono attenti non funzionerà.
Diffidare e verificare sono le parole d’ordine in questo momento. L’accordo raggiunto è fragile, ma segna l’inizio di un processo che potrebbe rendere il mondo meno pericoloso. Il comandante supremo Obama ha dimostrato ancora una volta di agire in maniera più efficace quando lo fa nell’ombra.