Al-Quds al-Arabi (30/10/2013). Traduzione e sintesi di Silvia Di Cesare.
Dopo circa 30 anni di detenzione, 26 detenuti palestinesi sono stati rilasciati dalle carceri israeliane . Essi erano solo una parte dei 104 prigionieri la cui liberazione era stata decisa il 30 luglio scorso, come tappa necessaria per la riapertura dei negoziati di pace con Israele.
Per volontà israeliana, il rilascio dei prigionieri é stato suddiviso in diverse giornate, ed ogni volta si può assistere ad un teatrino di proteste israeliane davanti ai mezzi di comunicazione mondiali, pronti a notare come sia grande la concessione fatta nonostante tutto da Israele.
La messinscena teatrale che avviene al momento della liberazione dei prigionieri, è stata però di gran lunga superata dalle proteste nate in seguito alla decisione di restituire 36 dei 288 corpi dei martiri palestinesi nascosti in cimiteri israeliani. Se si può concepire la preoccupazione che nasce dalla liberazione di probabili “combattenti” palestinesi, diventa più difficile trovare una giustificazione razionale alla base della richiesta di “detenzione” di corpi di uomini morti.
E mentre venivano liberati i 26 prigionieri palestinesi, Israele portava avanti la costruzione di 1500 abitazioni negli insediamenti, parte delle due mila unità abitative progettate in Cisgiordania e nella Gerusalemme occupata. Appare chiaro che la promessa fatta al Segretario di Stato americano di bloccare al minimo il numero degli insediamenti, non sia stata attuata.
Secondo una dichiarazione dell’OLP, la posizione israeliana in merito ai negoziati risulterebbe essere peggiore di 20 anni fa. É come se Tel Aviv stesse utilizzando queste trattative per prendere tempo e riuscire ad ampliare il più possibile i suoi insediamenti. Potrebbe in questo modo imporre una nuova situazione oggettiva sul terreno, minando i negoziati e facendo cadere ogni possibilità di istituzione di uno Stato palestinese contiguo e vivibile.
Oltre agli insediamenti che già hanno causato in passato il fallimento dei trattati di pace, Israele sta intensificando il processo di ebraicizzazione della città di Gerusalemme, come dimostrano i continui attacchi lanciati dagli ebrei fondamentalisti nella spianata delle moschee, aumentando i timori dell’esistenza di un piano israeliano che miri a dividere la spianata in una zona musulmana ed una ebraica.
La prigionia dei detenuti, gli insediamenti, l’ebraicizzazione di Gerusalemme e gli attacchi alla mosche al Aqsa, sono tutte realtà che i palestinesi vivono giornalmente. Si può davvero pensare che in queste condizioni sia possibile arrivare in pochi mesi ad un accordo di pace con questa leadership israeliana? Si può davvero pensare di raggiungere un accordo che porti al ritorno dei profughi palestinesi ed alla costruzione di uno Stato palestinese all’interno dei confini del 1967, che possa vivere in sicurezza e stabilità accanto allo Stato israeliano? O continueremo a vivere di illusioni?
http://www.alquds.co.uk/?p=98511
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