Il Marocco in era Covid tra desiderio e volontà

Zouhir Louassini Hespress (26 marzo 2021)

È stato molto divertente, almeno per me, ascoltare l’intervento dell’eurodeputata leghista Silvia Sardone nel quale ha criticato duramente i governi europei per la lentezza e l’inefficienza nella gestione dei vaccini anti-Covid19: “Persino il Marocco ha fatto meglio di noi!”, ha esclamato con tono sprezzante.

In effetti tutti i giornali italiani, così come quelli internazionali, hanno elogiato il metodo adottato dal Marocco nell’affrontare la pandemia nel suo insieme e, in particolare, nel processo di vaccinazione. Possiamo solo apprezzare tale successo e congratularci con tutti coloro che hanno contribuito al suo raggiungimento.

Questo risultato ci porta però a porre domande urgenti sull’efficacia dello Stato nell’affrontare problemi non meno importanti della pandemia che ha colpito il mondo, e che ha dimostrato concretamente i limiti di molti Paesi e la loro impotenza di fronte alle situazioni di emergenza.

La pandemia ha dunque mostrato al mondo – senza nulla togliere alla tragedia – che il Marocco ha qualità e capacità tali da suscitare l’ammirazione di tutti. È del tutto naturale, allora, chiedersi quali siano le ragioni che ne ostacolano il progresso in altri campi, non meno cruciali.

È una questione di desiderio e volontà. Quando si vuole perseguire un obiettivo in modo accurato, a Rabat c’è la capacità di scegliere le persone giuste e di impiegare tutte le risorse necessarie. È più che legittimo, quindi, supporre che – se ci si applicasse con il medesimo impegno per affrontare i tanti altri problemi in sospeso – sarebbe possibile per il Marocco compiere il grande balzo necessario per entrare nel novero dei paesi sviluppati.

Alcuni maldicenti diranno che il contagio non fa distinzione tra ricchi e poveri, quindi la vaccinazione ha avuto successo perché desiderio e volontà sono diretti a proteggere le élite che beneficiano dei beni di questo Paese. In altre parole, la maggior parte della popolazione sarebbe stata vaccinata per fermare un’infezione che può colpire anche i marocchini di “prima classe”. Ed è vero che il Marocco, purtroppo, soffre ancora di grandi disuguaglianze sociali che rendono possibili tutti i sospetti, anche i più assurdi.

L’impressionante successo che ha accompagnato il processo di vaccinazione ci spinge quindi a insistere sulla capacità del Marocco di muoversi nella giusta direzione. Qualsiasi passo indietro, d’ora in poi, non può trovare alcuna giustificazione.

Un esempio? Quando, come è successo negli ultimi anni,  l’istruzione pubblica viene distrutta: ciò accade perché c’è il desiderio di farlo o la mancanza di volontà di “vaccinare” il popolo marocchino contro il flagello dell’ignoranza, privandolo così del più efficace strumento capace di attivare l’ “ascensore sociale” che consenta alle classi oppresse di cambiare il proprio status.

Lo stesso si può dire del settore sanitario: abbandonando la vita stessa dei cittadini nelle mani delle imprese private, si è permessa l’affermazione di logiche totalmente imprenditoriali, basate esclusivamente sul profitto. Con il risultato di trascurare i più deboli, di abbandonare al proprio destino i più poveri. Che, non dimentichiamolo, sono tantissimi.

La pandemia ci ha mostrato la strada: tutto ciò che di buono è accaduto durante questa crisi sanitaria potrebbe essere l’inizio di una nuova fase. Una fase caratterizzata dal cambiamento profondo delle percezioni, adatta a incamminarsi verso nuovi, migliori  orizzonti. Quelli nei quali dovrebbe trovarsi il nostro Paese.

La volontà che si è tradotta in successo deve estendersi a tutti i settori del nostro Paese. Basterebbe per porre fine alla stupidità di chi offende i marocchini picchiandoli e maltrattandoli quando manifestano in piazza; basterebbe per abolire le pene detentive per le persone che chiedono una vita migliore; basterebbe per chiudere con i processi-farsa inscenati per arrestare chiunque alzi la voce contro “il regime”.

Il Marocco, quello che ha così brillantemente affrontato il Covid19, è forte abbastanza per non essere disturbato dal confronto tra opinioni diverse. È più forte delle azioni di alcuni uomini di potere che hanno nostalgia di tempi remoti. Ed è tanto forte anche da non sentirsi scosso dalle normali critiche, quelle che sentiamo quotidianamente contro tutti i governi nei paesi democratici.

Dopo la vaccinazione di massa, il Marocco dovrebbe smettere di parlare della transizione democratica e impegnarsi a costruire una vera democrazia che garantisca fino in fondo l’indipendenza tra i poteri dello Stato.

È questa l’unica via perché possiamo trasformarci in un paese avanzato, degno del suo ambiente europeo; e smetterla finalmente di giustificare tutto ciò che non va con la solita frase: “Noi siamo migliori di tanti altri paesi arretrati”.

A pensarci bene la gestione marocchina della pandemia ha persino il merito di riconciliare Aristotele e Platone circa la vecchia controversia su quale fosse il modo più appropriato per orientare la società verso il meglio: se modificare le istituzioni o correggere la coscienza degli individui. Lo abbiamo finalmente capito: sono indispensabili tutti e due!

Quando servono davvero, le qualità necessarie ci sono: lo abbiamo  dimostrato. Il Marocco ha bisogno degli sforzi di tutti, soprattutto della sua classe dirigente, per cambiare in meglio il futuro. E anche per far capire all’Onorevole Sardone (e a tanti altri che la pensano come lei), che la vera “anormalità”, nel 2021, sta nel fatto che, se il Marocco è ancora un paese “arretrato”, è per mancanza di desiderio e di volontà.

Zouhir Louassini. Giornalista Rai e editorialista L'Osservatore Romano. Dottore di ricerca in Studi Semitici (Università di Granada, Spagna). Visiting professor in varie università italiane e straniere. Ha collaborato con diversi quotidiani arabi tra cui al-Hayat, Lakome e al-Alam. Ha pubblicato vari articoli sul mondo arabo in giornali e riviste spagnole (El Pais, Ideas-Afkar). Ha pubblicato Qatl al-Arabi (Uccidere l’arabo) e Fi Ahdhan Condoleezza wa bidun khassaer fi al Arwah ("En brazos de Condoleezza pero sin bajas"), entrambi scritti in arabo e tradotti in spagnolo.

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