Di Ali Anouzla. Al Araby al-Jadeed (05/04/2017). Traduzione e sintesi di Emanuela Barbieri.
Quando il Palazzo Reale in Marocco, nel 2007, ha nominato il governo di Abbas El Fassi, in una notte di ramadan in una moschea di Fez ho descritto la composizione del governo come “una punizione collettiva” per tutti i marocchini che avevano boicottato le elezioni di quell’anno. Infatti, in quell’occasione si è registrato il tasso più basso di partecipazione a livello nazionale nella storia del Marocco, nonostante l’appello reale in una discorso indirizzato al popolo in cui incitava a votare e nonostante la campagna ufficiale guidata dallo stato, generosamente supportata dal denaro dei contribuenti, con lo slogan “2007 Daba” (il 2007 ora). Ma, quando il giorno delle elezioni la maggioranza degli elettori si è astenuta, fallendo nell’eseguire il “dovere nazionale” di votare, è stata punita con un governo che non ha nulla a che vedere con le scelte di quella minoranza che ha partecipato.
Tornando indietro con la memoria per un confronto tra il contesto del governo in carica di El Fassi (2007-2011) e quello della maggioranza di governo guidata da Saad Eddin Othmani, si notano subito molte somiglianze. Quando è stato formato il governo di El Fassi, considerato il ministro più debole da quando il re Mohammed VI è arrivato al potere, gli è stato imposto un governo di maggioranza e, con esso, i nomi che hanno assunto posizioni ministeriali, la maggior parte dei quali non era mai appartenuta ad alcun partito e ha annunciato la nuova appartenenza politica solo al momento della nomina ministeriale.
Così, i marocchini hanno poi scoperto i nomi di “attivisti”, appartenenti a uno dei partiti dell’amministrazione, ovvero l’”Unione nazionale degli Indipendenti”: Aziz Akhenouch, Moncef Belkhayat, Nawal El Moutawakel e Amina Benkhadra e Yassir Znagui. Sempre a titolo di promemoria, è stato penalizzato un partito, il “Movimento del Popolo”, considerato in Marocco tra i partiti amministrativi, quando il segretario generale si è scusato per non aver accettato la nomina di figure indipendenti nel governo a nome del suo partito che quindi è stato espulso dal governo.
Il paradosso del confronto tra i due governi, si trova nella personalità predominante di Aziz Akhenouch, appartenente durante il governo El Fassi al partito del Movimento Popolare e oggi di nuovo alla ribalta nell’Unione Nazionale degli Indipendenti, di cui ha assunto la presidenza nel giorno stesso delle elezioni in Marocco – nel mese di ottobre dello scorso anno. Tutto questo è stato possibile grazie anche alle inaccettabili condizioni poste davanti all’ex-primo ministro Benkirane. L’obiettivo era contrastare la formazione del suo governo e allontanarlo dal ruolo di primo ministro, solo perché ha rifiutato le condizioni di Akhnouch, la cui amicizia con il re è nota.
Il governo di El Fassi, con tutte le sue contraddizioni, ha avuto vita breve. Tra la primavera araba e il movimento 20 Febbraio in Marocco, la “punizione collettiva” è stata annullata convocando nuove elezioni che hanno portato il governo Benkirane alla presidenza.
Quando guardiamo a quello che sta accadendo oggi in Marocco, tutto indica che la formazione della maggioranza di Othmani è avvenuta in un contesto di “vendetta collettiva” nei confronti del governo Benkirane, leader del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, a causa delle sue “critiche” al sistema politico e amministrativo e il rifiuto di piegarsi alle condizioni impostegli. Condizioni accettate dal suo collega di partito Othmani.
Quello che è successo questi giorni è anche una “vendetta” contro il Partito Giustizia e Sviluppo, per la sua popolarità che inizia a dare fastidio alla monarchia.
Un proverbio marocchino dice: “bisogna guardarsi dall’ira del mare, del cammello e dal makhzen (l’autorità centrale in Marocco)”, ciò che unisce i tre è la loro forza vendicativa che quando esplode è difficile da controllare e le conseguenze sono imprevedibili.
Quello che sta accadendo ora è una sorta di vendetta collettiva e con effetto retroattivo contro tutti coloro che hanno sognato un Marocco democratico.
Sia contro chi ha provato a esprimere i propri sogni manifestando in strada, sia contro chi l’ha fatto provando ad applicare qualche riforma dall’interno del sistema.
La risposta della monarchia a tutti questi sognatori è che il tempo per la realizzazione dei loro sogni è ancora lontano.
Ali Anouzla è uno scrittore e giornalista marocchino, direttore del sito Lakome.com.
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