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Il futuro di Assad e della guerra a Daish dopo gli accordi sul nucleare

Di George Samaan. Al-Arabiya (01/12/2014). Traduzione e sintesi di Francesca De Sanctis.

Prolungare i negoziati sul nucleare vuol dire prolungare anche le crisi nella regione. I negoziatori intendono tenere separato lo sviluppo del programma iraniano da queste crisi, ma gli avvenimenti nella regione continuano a dimostrare il contrario. La situazione è sospesa: tutto dipende dall’accordo tra l’Iran e i 5+1, soprattutto con gli USA. Perciò la proposta dell’inviato speciale ONU, Staffan de Mistura, di “congelare” gli scontri ad Aleppo, difficilmente avrà un seguito nell’immediato.

Le proposte russe non avranno migliore fortuna. Il tentativo di rilanciare i negoziati di Ginevra o di trasferire la discussione politica a Mosca non è ancora stato accolto da Damasco. La Turchia manterrà la sua posizione all’interno dell’alleanza internazionale-araba. Anche l’invito a riconsiderare la strategia in Siria rivolto da Obama ai membri della sua amministrazione lascia il tempo che trova, per il momento. Sembra che la politica adottata da Obama sia destinata a rimanere immutata.

Tutte le mosse politiche e militari sembrano volte a prendere tempo, oppure sono un tentativo di migliorare la situazione in attesa di ciò che emergerà dai negoziati sulla questione del nucleare. Qualunque cosa accada dopo l’accordo, sempre se sarà ratificato nei prossimi mesi, non presenterà minori complicazioni.

È evidente che gli USA hanno due priorità: raggiungere un accordo sul nucleare con l’Iran e contenere l’espansione di Daish (conosciuto in Occidente come ISIS) in Iraq, in vista di una sua futura eliminazione. Vogliono mantenere i propri interessi nel Paese petrolifero senza scatenare un conflitto settario che possa spingere l’Iran a estendere la sua area di influenza nella regione. L’impressione è che finora la campagna della coalizione anti-Daish non abbia conseguito risultati significativi.

Teheran dal canto suo non ha trovato alternative alla cooperazione e al dialogo con Washington per fronteggiare la minaccia di Daish, dando però nel frattempo campo libero alle milizie sciite, nella speranza forse di “recuperare” ciò che aveva perso con l’avanzata dei jihadisti. Guarda inoltre con apprensione ad un coordinamento tra Baghdad e le capitali dei Paesi vicini.

È inoltre evidente come l’intento dell’amministrazione statunitense di destituire il presidente Bashar Al-Assad sia passato in secondo piano. Qualsiasi ricerca di un sostituito del presidente al-Assad mira a conservare ciò che resta del regime, mantenendo gli interessi delle varie potenze nel Paese. Per “congelare” gli scontri ad Aleppo – come suggerisce de Mistura – è necessario che gli equilibri di forza nel nord del Paese si riassestino in favore dell’Esercito Siriano Libero e delle fazioni moderate, altrimenti si rischierebbe solo di offrire al regime l’occasione di risolvere il conflitto a proprio vantaggio. Saranno inoltre inevitabili negoziati con le fazioni militanti dell’opposizione.

Se il governo iraniano sembra sollevato per il dialogo instaurato con gli USA e per i risultati della campagna internazionale contro Daish, Mosca è di ben altro avviso. Bisogna rendersi conto che la Russia sarà la prima vittima di qualsiasi accordo sul nucleare, che porterebbe l’Iran a rientrare nell’orbita statunitense e acquisire maggior potere sulla regione. Teme inoltre un esito positivo delle missioni della coalizione per rovesciare Assad, il quale minerebbe i suoi interessi in Siria.

La Russia non sarebbe l’unica a perderci: anche la Turchia guarda con timore a un’intesa tra Iran e Occidente, preoccupata dall’ambivalenza che caratterizza la campagna della coalizione. La posizione della Turchia al confine sia della Siria che dell’Iraq rende inevitabile la sua apprensione verso le crisi nella regione. In quest’ottica appaiono infatti chiare le motivazioni alla base della campagna del presidente Erdogan contro la politica americana e della sua insistenza sulla necessità di far cadere il regime di Assad.

Qualsiasi cambiamento radicale nelle politiche delle parti in gioco nella regione dipenderà dall’esito dei negoziati sul nucleare, sia che abbiano successo sia che falliscano. E qualsiasi proposta lascia il tempo che trova: la proposta di de Mistura di salvare Aleppo, quelle di Mosca di riprendere il processo politico in Siria, le richieste della Turchia di inserire la questione del destino di al-Assad tra gli obiettivi della coalizione. Nel frattempo la guerra contro Daish manterrà il tenore testimoniato da Kobane. Quindi questa guerra si protrarrà ancora, attesa dopo attesa, probabilmente finché Obama non avrà dato fondo a tutte le risorse della Casa Bianca.

George Samaan, è un giornalista libanese attualmente capo redattore presso la Lebanese Broadcasting Corporation.

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