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Il futuro del movimento sindacale nel mondo arabo

Zoom 14 dic movimento sindacale arabo inDi Hani Massoud. Assafir (27/11/2013). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Il terremoto sociale che attraversa la regione araba ha portato i movimenti sindacali a riconsiderare una serie di quesiti fondamentali circa il loro ruolo e il loro rapporto con lo Stato, con le forze politiche e con le altre parti della società civile, oltre alla questione della loro struttura e organizzazione. Ciò che sta accadendo rappresenta per i sindacati un’occasione storica per ripristinare il loro ruolo mancante e l’equilibrio sociale a beneficio di milioni di uomini e donne nel mondo arabo. Questo non solo dal punto di vista della ricchezza, ma anche in termini di partecipazione e rappresentanza attiva nel decidere il futuro del proprio Paese.

Le unioni sindacali arabe sono state esposte a pressione e sfruttamento da parte delle autorità, diventando uno strumento nelle loro mani. Ciò ha portato le unioni alla perdita di fiducia da parte dei lavoratori, spogliati del loro ruolo e allontanati dai loro obiettivi. I lavoratori hanno rifiutato le unioni sindacali ufficialmente esistenti e i loro leader: si sono formate così nuove organizzazioni definite “indipendenti”, per distinguersi da quelle governative. Queste nuove unioni erano un tentativo di riconcentrarsi sul ruolo delle forze sociali interne nell’influenzare gli esiti degli equilibri e dei conflitti politici a livello nazionale.

La confusione che affligge il mondo dei sindacati è stata intensificata dalla complessa natura del percorso intrapreso dai Paesi della Primavera Araba e dal loro desiderio di cambiamenti sociali ed economici. Ciò è particolarmente vero soprattutto vista la mancanza di una visione strategica del movimento sindacale, in termini di scelte economiche, meccanismi lavorativi e future tendenze delle relazioni con le autorità e le altri componenti della società.

Oggi, il movimento sindacale è ancora diviso tra organizzazioni indipendenti e unioni governative: i primi reclamano il diritto dei lavoratori allo sciopero, all’organizzazione e alla manifestazione, oltre che aumento dei salari, migliori condizioni di lavoro e assistenza sociale; le unioni governative, invece, hanno espresso la loro volontà di raggiungere nuovi accordi con i governi, senza però mostrare particolare interesse per le richieste dei lavoratori.

Le leggi che limitano l’attività delle unioni sindacali indipendenti emanate dai regimi post-colonialisti sono ancora in vigore. La capacità di espansione di queste unioni è messa fuori gioco dal rifiuto dei datori di lavoro del settore privato di riconoscerle ufficialmente. Inoltre, queste organizzazioni soffrono per le scarse risorse materiali e per l’inesperienza dei loro membri.

Le difficoltà che questo movimento emergente sta affrontando sono inasprite dalla frammentarietà delle richieste dei lavoratori, che impedisce il formarsi di una compatta solidarietà tra di essi. Ciò può essere risolto solo attraverso una prospettiva che comprenda scelte economiche e di sviluppo sociale che siano alternative. Questo permetterebbe al movimento sindacale di impegnarsi in maniera efficace nel processo di transizione democratica delle società in questione.

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