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Il dilemma della Siria

Di Ari Shavit. Haaretz (12/09/2013). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Cosa abbiamo di fronte? Un dilemma straziante e sconcertante. Da un lato, un attacco chimico contro civili: quasi 1400 tra uomini, donne e bambini massacrati da armi di distruzione di massa, un atto brutale che ha violato il diritto e l’ordine internazionale.

Dall’altro lato,  il pericolo intrinseco di un eventuale attacco contro la Siria, il primo nel suo genere contro un Paese con un’enorme riserva di armi chimiche: un attacco contro il presidente siriano Bashar al-Assad potrebbe portare il suo sarin, la sua iprite e il suo gas nervino nelle mani di uno dei rampolli di al-Qaeda. Inoltre, c’è la presa di coscienza del fatto che lanciare missili americani contro un regime malvagio avrebbe esiti imprevedibili.

Tuttavia, nell’estrema sinistra, non ci sono state preoccupazioni né dilemmi. Nonostante il lampante crimine di guerra commesso da un leader arabo, i cosiddetti “Amici degli arabi” di Israele e di tutto il mondo sono rimasti in silenzio per tre settimane. Quegli stessi americani, europei e israeliani, di solito sono sempre pronti a esprimere il loro sdegno, non hanno provato alcuna indignazione di fronte alle immagini orrende trasmesse da Damasco. Quelle stesse persone che in passato avevano richiesto che le Forze di Difesa Israeliane fossero processa all’Aia, oggi non richiedono che il dittatore siriano subisca la stessa sorte per un massacro commesso con armi chimiche. Un silenzio opprimente ha regnato sul gruppo di quegli illuminati – silenzio totale.

Dal punto di vista dell’estrema sinistra, solo gli occidentali e gli ebrei non è permesso l’uso della forza. Gli Stati non-occidentali e i non-ebrei, invece, possono usare la forza. Secondo l’estrema immorale sinistra, gli arabi possono uccidere altri arabi quando vogliono.

D’altra parte, c’è stato anche chi incitava allo scontro e che non aveva alcun dilemma sulla situazione. Un’azione militare punitiva contro una potenza armata di sarin sarebbe pericoloso e senza precedenti. Sarebbe possibile eseguirlo in maniera ragionevole secondo due approcci: il primo implica un’operazione limitata che miri all’uccisione degli ufficiali dell’esercito siriano che hanno utilizzato le armi cimiche, un’operazione che costituirebbe un esempio chiaro e visibile; il secondo approccio implica un processo lungo ed esteso per sostiutire il regime Assad con un governo sunnita moderato.

Tuttavia, le fazioni dal grilletto facile di Washington, Parigi e Tel Aviv non erano molto inclini a comprendere pienamente i pericoli propri della situazione in Siria. Si stavano comportando come se non capissero fino in fondo che quello che stavano promuovendo avrebbe potuto portare a esiti inaspettati. Proprio come l’estrema sinistra ignorava una parte del dilemma, queste fazioni aggressive ignoravano l’altra parte. Lo sdegno morale che questo secondo gruppo ha giustamente provato e l’ampia responsabilità strategica da loro dimostrata non gli hanno permesso di considerare il pericolo posto dalla capacità di sterminio di massa della Siria.

Per come stanno le cose ora, gli ultimi sviluppi sono stati positivi. Nonostante la sua esitazione, il presidente americano Barack Obama alla fine ha capito la sfida che stava affrontando. E nonostante il suo cinismo, il presidente russo Vladimir Putin ha messo una proposta notevole sul tavolo. La combinazione della pressione militare americana con la creatività diplomatica russa hanno generato un approccio verso la risoluzione della crisi. Funzionerà? È improbabile, ma dopo gli eventi grotteschi e imbarazzanti delle ultime settimane, la comunità internazionale ha avuto un’idea che non dà retta ai pacificatori, né segue l’approccio aggressivo. Al contrario, affronta la complessità della crisi siriana.

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Roberta Papaleo

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  • La “creatività diplomatica” è della Bonino (non di quel monolite dispotico di Putin). Una trovata che ha dato -nell’ordine- ad Assad, all’Iran teocratico e alla Russia di Putin stesso, una via d’uscita per perpetrare le loro politiche muscolari, egemoniche, dispotiche, militari, delinquenziali.
    Quel che è certo è che si continua a ragionare -anche bene, come in questo articolo-, attorno agli Stati, ai loro timonieri e alle loro strategie, mentre gli uomini e le donne sembrano ininfluenti, carne da macello. Come per i milioni di siriani, dei quali ormai oltre 5 sono sfollati e profughi.

  • […] Cosa abbiamo di fronte? Un dilemma straziante e sconcertante. Da un lato, un attacco chimico contro civili: quasi 1400 tra uomini, donne e bambini massacrati da armi di distruzione di massa, un atto brutale che ha violato il diritto e l’ordine internazionale.Dall’altro lato, il pericolo intrinseco di un eventuale attacco contro la Siria, il primo nel suo genere contro un Paese con un’enorme riserva di armi chimiche: un attacco contro il presidente siriano Bashar al-Assad potrebbe portare il suo sarin, la sua iprite e il suo gas nervino nelle mani di uno dei rampolli di al-Qaeda. Inoltre, c’è la presa di coscienza del fatto che lanciare missili americani contro un regime malvagio avrebbe esiti imprevedibili.  […]