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Il crimine di Timbuctù

Di Ali Ibrahim. Al-Sharq Al-Awsat (03/07/2012). Traduzione di Cristina Gulfi

La demolizione dei mausolei e delle moschee nella storica città di Timbuctù, nel nord del Mali, da parte dei militanti di Ansar Dine riporta alla mente la distruzione delle statue dei Buddha di Bamiyan in Afghanistan, ad opera degli estremisti talebani.

Conosciamo bene la storia dell’Afghanistan, che soffre ancora le conseguenze dell’avvento al potere di un movimento radicale in una fase di conflitto internazionale, un “esperimento di laboratorio” condotto dall’apparato di intelligence in un paese povero e dimenticato da tutti dopo il ritiro dell’ex Unione Sovietica. Il risultato è una specie di mostro di Frankenstein che può essere controllato solo da una guerra ancora in corso.

I talebani, insieme ad al-Qaeda, hanno approfittato della situazione di confusione dopo il crollo del regime comunista e dei conflitti tra le varie fazioni dei mujaheddin. Lo stesso sta succedendo nel nord del Mali, un paese in cui di recente un colpo di stato militare contro il presidente ha seminato il caos e determinato un vuoto di potere che i separatisti Tuareg a nord hanno sfruttato. Fin dagli inizi, i Tuareg si sono alleati con gruppi estremisti con ideologie simili a quelle di al-Qaeda e dei talebani, i quali però in seguito li hanno lasciati per imporre la loro agenda ed estendere il controllo sul nord del Mali. In questo modo si sono impadroniti di Timbuctù, una città di grande importanza storica per l’islam, dove si trovano moschee risalenti al quindicesimo secolo.

Chi è che finanzia, addestra e arma questi gruppi? È una domanda aperta che ha bisogno di una risposta. Quello che è certo è che questi movimenti sono come locuste: invadono, sterminano e si spostano per diffondere altrove la loro distruzione. Il punto è che tutto ciò sta avvenendo alle porte del mondo arabo, in quanto il Mali confina con il Maghreb. Inoltre, questi gruppi si formano in parte nei paesi arabi, i quali attraversano una fase di cambiamento e di instabilità politica, o in stati confinanti, aggiungendo una nuova preoccupante dimensione ai problemi della regione.

Guardando la cartina, possiamo rendiamoci conto di come il terrorismo ha guadagnato terreno, dalla Somalia allo Yemen. I punti caldi oggi sono sempre di più: oltre al Mali settentrionale c’è la Nigeria, un altro paese non lontano dal mondo arabo in cui il gruppo estremista Boko Haram sta conducendo una guerra del terrore per imporre la propria ideologia radicale. Movimenti estremisti sono attivi anche nella regione del Sahel e del Sinai.

L’intervento della Corte Penale Internazionale, il cui procuratore ha messo in guardia Ansar Dine in quanto la distruzione di beni religiosi costituisce un crimine di guerra, è da apprezzare ma purtroppo non basta. C’è infatti bisogno di un lavoro di coordinazione internazionale e regionale per poterli controllare. Sarebbe il caso che i membri dell’Unione del Maghreb Arabo si attivassero per assediare questi gruppi, che costituiscono una minaccia per il futuro e un’ulteriore fonte di problemi. Non vogliamo più vedere immagini di distruzione di monumenti storici in una capitale araba.