Palestina Zoom

Il complicato scenario politico della Striscia di Gaza

Gaza 2

Di Mohammed Othman. Al-Monitor (05/05/2015). Traduzione e sintesi Alessandro Balduzzi.

Fondato nel maggio 2014, il movimento Hesn, conosciuto anche come Al-Saberoon (I pazienti), rappresenta l’ultima organizzazione politico-militare che va ad aggiungersi al variegato panorama partitico di Gaza, dove decine di raggruppamenti sono sorte a partire dalla seconda intifada, nel 2000, in opposizione all’occupazione israeliana.

Hisham Salem, una delle figure di spicco del movimento, ha dichiarato che Hesn è un gruppo islamista, politico e di resistenza che ha nella liberazione della Palestina il proprio scopo principale, sia opponendosi all’occupazione che aiutando il popolo palestinese in patria e all’estero. Secondo Salem, proprio questa missione conferisce legittimità al movimento, nonostante esso non abbia ottenuto dalle autorità alcun permesso di operare nella Striscia. Il finanziamento del gruppo si basa sul contributo dei membri stessi e sulle future donazioni da parte di partiti arabi e musulmani, per esempio Hezbollah, che ne vorranno condividere la missione. Ciò malgrado il divieto di accettare sostegno economico o militare dall’estero, sancito dalla Legge Fondamentale del 2002.

Hesn opera anche a livello sociale tramite associazioni caritatevoli a esso collegate, impegnate nell’assistenza ai poveri, ai martiri della resistenza, a chi ha perso la propria casa sotto le bombe. A differenza del ‘braccio politico’ di Hesn, queste organizzazioni benefiche stanno già collaborando con simili associazioni saudite, iraniani e libanesi, e hanno finora realizzato alcuni progetti insieme alla Al-Baqiyat Al-Salihat Society, operativa anche nella Striscia di Gaza.

Sulla scena palestinese operano dozzine di raggruppamenti politici e militari. Di questi, più di una decina agiscono sotto l’egida dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), come al-Fatah, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e il Partito del Popolo Palestinese. Da non dimenticare, poi, le fazioni indipendenti dall’OLP, tra cui Hamas e il Movimento per il Jihad Islamico in Palestina, oltre ad attori minori quali il Movimento di Resistenza Popolare, i Comitati Popolari di Resistenza, le Brigate dei Mujaheddin e il movimento Ahrar.

L’analista politico Akram Atallah interpreta la proliferazione di partiti come un fenomeno normale, naturale conseguenza dell’incapacità dei vecchi schieramenti di soddisfare le richieste della popolazione e del desiderio di potenze esterne (ad esempio l’Iran) di poter contare su una rappresentanza in Palestina, assai rilevante a livello geostrategico. Tuttavia, Atallah è altresì convinto che il caotico florilegio di partiti sia sintomo di una crisi ideologica diffusa e quindi da considerarsi più un fallimento che un successo.

Mahmoud Abdel Hadi, ricercatore ed esperto dei raggruppamenti politici palestinesi, denuncia la mancanza di una legge che regoli l’attività dei partiti a Gaza. Questo vuoto legislativo, che si trascina dagli Accordi di Oslo del 1993, dovrebbe essere colmato da norme chiare che garantiscano al contempo il pluralismo e un’azione politica disciplinata. Appunto l’assenza di queste norme (la proposta di una legge sui partiti politici, risalente al 2007, non è mai stata approvata) rende estremamente difficile monitorare le azioni militari delle varie fazioni ed evitare conflitti tra quest’ultime, il che va a sicuro vantaggio dell’occupazione israeliana.

In poche parole, benché la Striscia di Gaza pulluli già di schieramenti politici e militari, per ora alcun ostacolo si frappone alla fondazione di nuovi gruppi da parte di chiunque sappia finanziarsi e sfruttare la sete di libertà del popolo palestinese.

Mohammed Othman è un giornalista palestinese.

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